Un omicidio, tre perizie
Da lunedì alle Criminali di Locarno i giovanissimi autori del pestaggio in cui morì Damiano
Sette giorni per cercare una verità e dare delle risposte. Per dare, innanzitutto, una risposta – quella della Giustizia – a uno dei fatti di sangue che più hanno colpito il Locarnese negli ultimi anni: la morte, il 1 ° febbraio 2008 al carnevale “ la Stranociada” di Locarno, di Damiano Tamagni, 22 anni, studente di Gordemo. Gli imputati Nel palazzo del Pretorio, da dopodomani lunedì 19 a martedì 27 gennaio, le Assise Criminali di Locarno si riuniranno per giudicare tre ragazzi figli di immigrati di origine slava: Ivica Grgic, 22 anni (difeso da Francesca Perucchi- Baggi), Marko Tomic, 19 anni (difeso da Yasar Ravi), e Ivan Jurkic, 20 anni (difeso da Luca Marcellini). Sono loro – unitamente a un minorenne ticinese perseguito separatamente per aggressione, subordinatamente rissa, e tutelato dall’avvocato Ignazio Maria Clemente – che quella sera, in Città Vecchia, aggredirono Damiano Tamagni lasciandolo esanime in un anfratto di Via Borghese. L’autopsia parla di un decesso avvenuto per emorragia cerebrale causata dalla lacerazione dell’arteria situata all’altezza della nuca, in seguito all’estensione e alla torsione del capo. Il che equivale a una morte presumibilmente causata dagli effetti di un pestaggio breve ma brutale. Soltanto Ivica e Marko dovranno rispondere di omicidio intenzionale. A loro, secondo la procuratrice pubblica Rosa Item, titolare dell’inchiesta, vanno infatti imputate le maggiori responsabilità. Ivan, terzo membro del gruppo, partecipò al pestaggio ma ebbe un ruolo secondario ( in qualche modo paragonabile a quello del minorenne). Ecco perché nell’atto d’accusa la sua presunta colpa è quella di aggressione. Ulteriori accuse, minori, sono state promosse per tutti e tre gli imputati: contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti per Jurkic e Grgic, e pornografia per Tomic. Il pestaggio Secondo quanto è trapelato dalla ricostruzione dei fatti così come laboriosamente effettuata dagli inquirenti nel corso di un anno di indagine, il dramma si consumò in pochi istanti, verso le 23.40. Gli attimi in cui i tre ragazzi reagirono con la violenza alla decisione di Damiano – istintiva, e forse con intento pacificatore – di intervenire in un alterco che coinvolgeva due gruppi di giovani. Forse fu un’errata interpretazione del gesto, ed è presumibile che ebbe un ruolo anche il modo in cui – vestito e truccato da Emo – Damiano si presentò. Fatto sta che l’intervento del giovane di Gordola, in quel particolare momento di tensione, mutò repentinamente le dinamiche, focalizzando la violenza laddove non aveva senso che venisse sfogata. Secondo quanto appurato dalla Magistratura, ed inserito nell’atto d’accusa quale descrizione dei fatti che determinano le varie imputazioni, il primo a prendersela con Damiano fu Jurkic, che assieme al minorenne lo spintonò a più riprese con foga. Poi intervennero, con maggiore aggressività, a calci e pugni, Tomic e Grgic, i quali se ne andarono abbandonando Damiano agonizzante. I referti Valutando nel dettaglio la dinamica di questi eventi verrà ovviamente costruita la verità processuale che porterà alla sentenza della Corte presieduta dal giudice Mauro Ermani. Eventi i cui effetti sono stati sviscerati in tre perizie. Quella giudiziaria, firmata dal professor Antonio Osculati dell’Unità operativa di medicina legale dell’Azienda ospedaliera universitaria di Varese, chiarisce che il decesso è avvenuto per una lacerazione dell’arteria vertebrale sinistra intracranica. Lacerazione che nell’atto d’accusa viene messa in relazione con un colpo di frusta causato dai calci sferrati da Tomic ( alla tempia sinistra di Damiano) e Grgic ( sulla parte destra della nuca). E sono conclusioni cui giunge sostanzialmente anche la seconda perizia, commissionata al patologo Ennio Pedrinis dal legale di parte civile ( la famiglia Tamagni), avvocato Diego Olgiati. A far discutere maggiormente in questi giorni immediatamente precedenti il dibattimento è una terza perizia, prodotta dall’avvocato di Tomic, Yasar Ravi, e firmata dal professore dell’Università Cattolica di Roma, Angelo Fiori. Questi sostiene in definitiva che non è possibile attribuire a Tomic e a Grgic la responsabilità della morte di Damiano, perché sarebbe ancora da chiarire chi, fra i 4 attori a vario titolo del pestaggio, abbia inferto i colpi decisivi. Proprio a proposito della “ perizia Fiori”, secondo quanto ha riferito ieri il Quotidiano della Tsi, la procuratrice Item chiederà alla Corte che il perito giudiziario Osculati ne possa produrre un suo rapporto scritto. Richiesta cui ha già detto di volersi opporre l’avvocato Ravi.
***
Il pestaggio secondo il Codice penale
Art. 111 Omicidio intenzionale Chiunque intenzionalmente uccide una persona è punito con una pena detentiva non inferiore a cinque anni.
Art. 134 Aggressione Chiunque prende parte ad un’aggressione, a danno di una o più persone, che ha per conseguenza la morte o la lesione di un aggredito o di un terzo, è punito con una pena detentiva sino a cinque anni o con una pena pecuniaria.
Art. 133 Rissa Chiunque prende parte ad una rissa che ha per conseguenza la morte o la lesione di una persona, è punito con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria.
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Se si può dare un senso all’inspiegabile
La Fondazione Damiano Tamagni e la prevenzione della violenza
C’è soprattutto la musica, al centro delle attività culturali della Fondazione Damiano Tamagni, presentata in ottobre al pubblico da papà Maurizio, e da chi come lui crede che da un dramma immenso come la morte di un figlio sia possibile costruire qualcosa. Musica come i concerti lirici e quelli corali, come l’esibizione natalizia organizzata a Brissago grazie alla locale commissione cultura e tempo libero, oppure ancora come il concerto gospel di Gerra Piano, in occasione del quale la Fondazione era presente per diffondere il suo messaggio di non violenza. Tutti eventi utili per raccogliere i fondi necessari a portare avanti una moltitudine di progetti: da quello di educazione emotiva nelle Scuole dell’infanzia ed elementari, condotto in collaborazione con l’Alta scuola pedagogica, alla “ pièce” teatrale sul tema della violenza portata in scena dai ragazzi delle Medie della Morettina a Locarno, da presentare in varie sedi di Scuola media del cantone; dalla pubblicazione di un fumetto didattico incentrato sul tema della violenza, che verrà distribuito nelle Medie, alla campagna di sensibilizzazione prevista durante il prossimo carnevale, su scala ticinese, utilizzando il soggetto migliore che emergerà da un concorso di disegno per i ragazzi di Quarta Media. ‘Con la testa, non con le mani’ Il motto della Fondazione è “ Con la testa, non con le mani”. Secondo quanto si può leggere sul sito http://www.damianotamagni.ch/, « è stata costituita per onorare la memoria di Damiano ed ha come scopo la prevenzione della violenza giovanile e l’aiuto alle famiglie coinvolte » . La perdita di un figlio, scrive papà Maurizio, « è un avvenimento così tragico che nessun genitore riesce ad accettare, indipendentemente da come succede. Ma in questo caso è impossibile trovare un senso da dare a quanto è accaduto ed è per questo che abbiamo deciso di costituire una fondazione che si occupi del problema della violenza; e se ciò porterà qualcosa di buono, forse potremo pensare che la morte di Damiano non sia stata del tutto inutile » . Tutte le circostanze, prosegue Maurizio Tamagni, « hanno portato Damiano, un ragazzo che era un esempio della nostra gioventù “ buona”, a trovarsi proprio in quel luogo e proprio in quel momento per essere investito dalla brutalità peggiore che si possa immaginare. Un fatto così eclatante ha creato grande scalpore mediatico, nonché grande emozione in tutta la popolazione » . Maurizio dice di aver riflettuto molto rispetto a quanto successo, « e la conclusione che ho potuto trarre è che il suo destino doveva proprio essere quello di vittima “ perfetta” per fare in modo che l’opinione pubblica si accorgesse del problema della violenza dilagante tra i giovani, e che le autorità avessero finalmente uno spunto per riportare la sicurezza nel nostro paese » . Una Fondazione che baserà il suo operato sull’affetto degli amici di Damiano, i quali si metteranno a disposizione lavorando nei diversi progetti che saranno sviluppati. Le attività saranno coordinate sia con quelle svolte dal Gruppo operativo contro la violenza giovanile istituito dal Consiglio di Stato, sia con le altre istituzioni.
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Analisi e ricette
Svizzero o straniero non fa differenza, giovane, maschio, di un’età mediamente compresa tra i 13 e i 20 anni, con un alto rischio di recidiva spinto dal sentimento di onnipotenza, disprezzo per la vittima e accanimento anche dopo averla già sopraffatta, scarsa coscienza delle conseguenze dei propri gesti, pronunciato narcisismo che si esprime con l’esibizione delle proprie bravate (filmati, foto con cellulari, racconti agli amici). Nel caso di una provenienza straniera si tratta di giovani di condizione socio-economica precaria, spesso con problemi di scolarizzazione, di formazione professionale o di integrazione. Questo statisticamente il profilo del giovane violento. L’identikit è stato stilato dal Gruppo ‘giovani, violenza, educazione’, gruppo che ha visto la luce all’indomani dell’omicidio di Damiano Tamagni, il 22enne di Godremo aggredito al carnevale di Locarno lo scorso 1° febbraio. Coordinato dal procuratore pubblico Antonio Perugini, questo gruppo operativo e di coordinamento creato « per meglio affrontare il problema della violenza giovanile » in Ticino è stato formalmente costituito dal governo su proposta del ministro Luigi Pedrazzini. Composta, oltre che da Perugini, dai rappresentanti della scuola ( Franco Lazzarotto), dell’Ufficio giovani del Dss ( Marco Galli) e della Polizia cantonale ( Pierluigi Vaerini) nonché dal magistrato dei minorenni Reto Medici, la task force ha ricevuto il compito dal Consiglio di Stato di « acquisire una visione più completa della situazione quale premessa per adottare strategie operative, coordinare nel modo migliore e valorizzare i puntuali interventi settoriali già operanti nel territorio, proporre, rispettivamente adottare in tempi brevi misure operative coordinate che permettano di arginare comportamenti violenti e problematici, individuare e proporre al Consiglio di Stato strategie atte a promuovere e consolidare nei giovani i valori della convivenza pacifica e del rispetto della propria e dell’altrui integrità ». Il gruppo si è poi allargato a rappresentanti dei media, dei principali centri del cantone e delle associazioni giovanili. Digeribili e indigeste Alcuni dei suggerimenti sortiti dai lavori del gruppo hanno avuto da subito un’ampia eco mediatica. « Alcune proposte riscatenò sulteranno digeribili, altre indigeste », sottolineò il pp Perugini al momento della presentazione nel maggio 2008 del primo rapporto. Tra queste ultime basti rammentare la proposta di introdurre il coprifuoco per i minorenni. Proposta però scartata dal Consiglio di Stato, il quale comunicò di non voler nemmeno « approfondire l’ipotesi di una base legale volta a stabilire un orario limite per la presenza di minorenni in luoghi pubblici ». Altro rapporto, altra proposta. Il divieto di ‘ botellon’. Si tratta del termine spagnolo relativo ad appuntamenti di massa, organizzati sfruttando internet, che hanno quale scopo primario il bere alcolici in gruppo e in spazi pubblici come piazze e parchi cittadini. Il lancio di una manifestazione simile a Bellinzona una ridda di commenti e pareri, messi a tacere dalla scarsa partecipazione dei ticinesi. Attenti ai media Più volte nei ‘rapporti Perugini’ viene stigmatizzato il ruolo dei media in vicende come l’omicidio Tamagni. Dai comunicati stampa delle forze dell’ordine alla cronaca giornalistica, secondo il gruppo di lavoro occorrerebbe ripensare modalità e contenuti nel caso di atti penalmente rilevanti commessi da minorenni o di problematiche giovanili in senso più ampio. Non si tratta di una censura, bensì di una maggior consapevolezza e sensibilità verso i sentimenti suscitati nella popolazione. Tre rapporti, oltre nove mesi di lavoro, all’insegna del pragmatismo, della ricerca di soluzioni praticabili per contrastare un fenomeno progressivamente in aumento, sia nelle cifre, sia nella brutalità ed esplosività dei gesti. Si tratta di episodi di violenza in genere legati a motivi futili. Spesso sguardi o parole mal intesi sono sufficienti a scatenare reazioni di violenza, altrettanto spesso accecata dal consumo di alcol o droghe. « Sono soddisfatto di come il gruppo sta lavorando – dice Perugini alla “RegioneTicino” –, Abbiamo consegnato un ventaglio di proposte concrete e attuabili, la maggior parte in tempi brevi. Ora ci vuole la volontà politica di decidere e mettere in pratica ». Come dire: ora tocca al Consiglio di Stato.
***
A Carnevale per i violenti scatterà la diffida
Il provvedimento verrà adottato da cinque società organizzatrici
S’allunga la lista di misure che le società organizzatrici dei carnevali di Tesserete (Or Penagin), Chiasso (Nebiopoli), Sant’Antonino (Goss), Roveredo (Lingera) e Maggia hanno confezionato lanciando a suo tempo la campagna “Carnevali in sicurezza”. Quest’anno chi in occasione di una delle cinque imminenti manifestazioni verrà colpito da una diffida per essersi reso protagonista di atti violenti non potrà accedere nemmeno alle altre quattro rassegne carnevalesche. Di più: lo stesso provvedimento sarà valido anche nel 2010. La campagna “Carnevali in sicurezza” è stata ideata nel 2007 ed è concretamente partita lo scorso anno, prima del tragico episodio di Locarno. L’iniziativa coinvolge al momento cinque società organizzatrici di carnevali: l’ultima in ordine di tempo a entrare nel gruppo è stata quella di Maggia. Ed è sostenuta dall’Associazione regnanti della Svizzera italiana e dalla ditta privata di sicurezza Rainbow. « Si è deciso di unire le forze per elaborare delle strategie uniformi affinché le manifestazioni possano svolgersi solo ed esclusivamente all’insegna del divertimento », ha spiegato il direttore della Rainbow, Alberto Pongelli, intervenendo ieri a Sant’Antonino alla conferenza stampa indetta per illustrare l’edizione 2009 di “Carnevali in sicurezza”. Strategie uniformi che hanno portato fra l’altro alla stesura di un regolamento comune. Con relativi divieti. In una nota i promotori della campagna ne ricordano alcuni: « Divieto di fumo nei capannoni, divieto di introdurre materiale “a rischio” (vetro, lattine, bottiglie in Pet, coltelli ecc.) e divieto di consumo di alcol per i minorenni ». Sempre in base al regolamento, che parla anche di controlli agli « accessi », il pubblico « può essere fotografato o filmato ». L’obiettivo non è la repressione: « si vuole fare unicamente della prevenzione », ha tenuto a precisare Simone Giudicetti, presidente del Carnevale Lingera di Roveredo. La campagna come detto è partita l’anno scorso. E la prima esperienza « è stata molto positiva », ha sottolineato Livio Mazzuchelli, alla testa degli organizzatori del Carnevale di Tesserete aggiungendo che la sicurezza « assorbe il 40 per cento dei nostri costi ». Mario Gambarini, responsabile della sicurezza per il Carnevale di Sant’Antonino: « Ogni volta ci incontriamo, prima dell’apertura della manifestazione, con le forze di polizia, i pompieri e i servizi sanitari e insieme effet-tuiamo i necessari sopralluoghi ». L’edizione 2009 di “Carnevali in sicurezza” introduce dunque in caso di diffida il divieto d’accesso alle cinque rassegne carnevalesche citate, quelle in programma sia quest’anno che nel 2010. Gli aspetti giuridici, ha detto Mazzuchelli, sono stati chiariti col procuratore pubblico Antonio Perugini. Pongelli: « Se la persona raggiunta dal provvedimento viene riconosciuta all’interno degli spazi ai quali non avrebbe dovuto accedere, nei suoi confronti scatta la denuncia per violazione di domicilio ». Gli ideatori di “Carnevali in sicurezza” sperano nell’adesione alla campagna di altre società organizzatrici. « Il nostro dispositivo di sicurezza ha però un’altra struttura e un’altra dimensione, anche perché la superficie pubblica interessata dalla manifestazione è assai vasta – afferma il presidente del Rabadan di Bellinzona Decio Cavallini interpellato dalla “RegioneTicino” –. Noi investiamo mezzo milione di franchi nella sicurezza e un simile importo non è certo alla portata di società più piccole della nostra. La diffida – aggiunge Cavallini – è comunque una misura che può essere dissuasiva. Vedo tuttavia un problema pratico: la maschera non facilita il riconoscimento di chi è stato colpito dal provvedimento. In ogni caso, ripeto, la diffida può costituire un deterrente ».
Da lunedì alle Criminali di Locarno i giovanissimi autori del pestaggio in cui morì Damiano
Sette giorni per cercare una verità e dare delle risposte. Per dare, innanzitutto, una risposta – quella della Giustizia – a uno dei fatti di sangue che più hanno colpito il Locarnese negli ultimi anni: la morte, il 1 ° febbraio 2008 al carnevale “ la Stranociada” di Locarno, di Damiano Tamagni, 22 anni, studente di Gordemo. Gli imputati Nel palazzo del Pretorio, da dopodomani lunedì 19 a martedì 27 gennaio, le Assise Criminali di Locarno si riuniranno per giudicare tre ragazzi figli di immigrati di origine slava: Ivica Grgic, 22 anni (difeso da Francesca Perucchi- Baggi), Marko Tomic, 19 anni (difeso da Yasar Ravi), e Ivan Jurkic, 20 anni (difeso da Luca Marcellini). Sono loro – unitamente a un minorenne ticinese perseguito separatamente per aggressione, subordinatamente rissa, e tutelato dall’avvocato Ignazio Maria Clemente – che quella sera, in Città Vecchia, aggredirono Damiano Tamagni lasciandolo esanime in un anfratto di Via Borghese. L’autopsia parla di un decesso avvenuto per emorragia cerebrale causata dalla lacerazione dell’arteria situata all’altezza della nuca, in seguito all’estensione e alla torsione del capo. Il che equivale a una morte presumibilmente causata dagli effetti di un pestaggio breve ma brutale. Soltanto Ivica e Marko dovranno rispondere di omicidio intenzionale. A loro, secondo la procuratrice pubblica Rosa Item, titolare dell’inchiesta, vanno infatti imputate le maggiori responsabilità. Ivan, terzo membro del gruppo, partecipò al pestaggio ma ebbe un ruolo secondario ( in qualche modo paragonabile a quello del minorenne). Ecco perché nell’atto d’accusa la sua presunta colpa è quella di aggressione. Ulteriori accuse, minori, sono state promosse per tutti e tre gli imputati: contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti per Jurkic e Grgic, e pornografia per Tomic. Il pestaggio Secondo quanto è trapelato dalla ricostruzione dei fatti così come laboriosamente effettuata dagli inquirenti nel corso di un anno di indagine, il dramma si consumò in pochi istanti, verso le 23.40. Gli attimi in cui i tre ragazzi reagirono con la violenza alla decisione di Damiano – istintiva, e forse con intento pacificatore – di intervenire in un alterco che coinvolgeva due gruppi di giovani. Forse fu un’errata interpretazione del gesto, ed è presumibile che ebbe un ruolo anche il modo in cui – vestito e truccato da Emo – Damiano si presentò. Fatto sta che l’intervento del giovane di Gordola, in quel particolare momento di tensione, mutò repentinamente le dinamiche, focalizzando la violenza laddove non aveva senso che venisse sfogata. Secondo quanto appurato dalla Magistratura, ed inserito nell’atto d’accusa quale descrizione dei fatti che determinano le varie imputazioni, il primo a prendersela con Damiano fu Jurkic, che assieme al minorenne lo spintonò a più riprese con foga. Poi intervennero, con maggiore aggressività, a calci e pugni, Tomic e Grgic, i quali se ne andarono abbandonando Damiano agonizzante. I referti Valutando nel dettaglio la dinamica di questi eventi verrà ovviamente costruita la verità processuale che porterà alla sentenza della Corte presieduta dal giudice Mauro Ermani. Eventi i cui effetti sono stati sviscerati in tre perizie. Quella giudiziaria, firmata dal professor Antonio Osculati dell’Unità operativa di medicina legale dell’Azienda ospedaliera universitaria di Varese, chiarisce che il decesso è avvenuto per una lacerazione dell’arteria vertebrale sinistra intracranica. Lacerazione che nell’atto d’accusa viene messa in relazione con un colpo di frusta causato dai calci sferrati da Tomic ( alla tempia sinistra di Damiano) e Grgic ( sulla parte destra della nuca). E sono conclusioni cui giunge sostanzialmente anche la seconda perizia, commissionata al patologo Ennio Pedrinis dal legale di parte civile ( la famiglia Tamagni), avvocato Diego Olgiati. A far discutere maggiormente in questi giorni immediatamente precedenti il dibattimento è una terza perizia, prodotta dall’avvocato di Tomic, Yasar Ravi, e firmata dal professore dell’Università Cattolica di Roma, Angelo Fiori. Questi sostiene in definitiva che non è possibile attribuire a Tomic e a Grgic la responsabilità della morte di Damiano, perché sarebbe ancora da chiarire chi, fra i 4 attori a vario titolo del pestaggio, abbia inferto i colpi decisivi. Proprio a proposito della “ perizia Fiori”, secondo quanto ha riferito ieri il Quotidiano della Tsi, la procuratrice Item chiederà alla Corte che il perito giudiziario Osculati ne possa produrre un suo rapporto scritto. Richiesta cui ha già detto di volersi opporre l’avvocato Ravi.
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Il pestaggio secondo il Codice penale
Art. 111 Omicidio intenzionale Chiunque intenzionalmente uccide una persona è punito con una pena detentiva non inferiore a cinque anni.
Art. 134 Aggressione Chiunque prende parte ad un’aggressione, a danno di una o più persone, che ha per conseguenza la morte o la lesione di un aggredito o di un terzo, è punito con una pena detentiva sino a cinque anni o con una pena pecuniaria.
Art. 133 Rissa Chiunque prende parte ad una rissa che ha per conseguenza la morte o la lesione di una persona, è punito con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria.
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Se si può dare un senso all’inspiegabile
La Fondazione Damiano Tamagni e la prevenzione della violenza
C’è soprattutto la musica, al centro delle attività culturali della Fondazione Damiano Tamagni, presentata in ottobre al pubblico da papà Maurizio, e da chi come lui crede che da un dramma immenso come la morte di un figlio sia possibile costruire qualcosa. Musica come i concerti lirici e quelli corali, come l’esibizione natalizia organizzata a Brissago grazie alla locale commissione cultura e tempo libero, oppure ancora come il concerto gospel di Gerra Piano, in occasione del quale la Fondazione era presente per diffondere il suo messaggio di non violenza. Tutti eventi utili per raccogliere i fondi necessari a portare avanti una moltitudine di progetti: da quello di educazione emotiva nelle Scuole dell’infanzia ed elementari, condotto in collaborazione con l’Alta scuola pedagogica, alla “ pièce” teatrale sul tema della violenza portata in scena dai ragazzi delle Medie della Morettina a Locarno, da presentare in varie sedi di Scuola media del cantone; dalla pubblicazione di un fumetto didattico incentrato sul tema della violenza, che verrà distribuito nelle Medie, alla campagna di sensibilizzazione prevista durante il prossimo carnevale, su scala ticinese, utilizzando il soggetto migliore che emergerà da un concorso di disegno per i ragazzi di Quarta Media. ‘Con la testa, non con le mani’ Il motto della Fondazione è “ Con la testa, non con le mani”. Secondo quanto si può leggere sul sito http://www.damianotamagni.ch/, « è stata costituita per onorare la memoria di Damiano ed ha come scopo la prevenzione della violenza giovanile e l’aiuto alle famiglie coinvolte » . La perdita di un figlio, scrive papà Maurizio, « è un avvenimento così tragico che nessun genitore riesce ad accettare, indipendentemente da come succede. Ma in questo caso è impossibile trovare un senso da dare a quanto è accaduto ed è per questo che abbiamo deciso di costituire una fondazione che si occupi del problema della violenza; e se ciò porterà qualcosa di buono, forse potremo pensare che la morte di Damiano non sia stata del tutto inutile » . Tutte le circostanze, prosegue Maurizio Tamagni, « hanno portato Damiano, un ragazzo che era un esempio della nostra gioventù “ buona”, a trovarsi proprio in quel luogo e proprio in quel momento per essere investito dalla brutalità peggiore che si possa immaginare. Un fatto così eclatante ha creato grande scalpore mediatico, nonché grande emozione in tutta la popolazione » . Maurizio dice di aver riflettuto molto rispetto a quanto successo, « e la conclusione che ho potuto trarre è che il suo destino doveva proprio essere quello di vittima “ perfetta” per fare in modo che l’opinione pubblica si accorgesse del problema della violenza dilagante tra i giovani, e che le autorità avessero finalmente uno spunto per riportare la sicurezza nel nostro paese » . Una Fondazione che baserà il suo operato sull’affetto degli amici di Damiano, i quali si metteranno a disposizione lavorando nei diversi progetti che saranno sviluppati. Le attività saranno coordinate sia con quelle svolte dal Gruppo operativo contro la violenza giovanile istituito dal Consiglio di Stato, sia con le altre istituzioni.
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Analisi e ricette
Svizzero o straniero non fa differenza, giovane, maschio, di un’età mediamente compresa tra i 13 e i 20 anni, con un alto rischio di recidiva spinto dal sentimento di onnipotenza, disprezzo per la vittima e accanimento anche dopo averla già sopraffatta, scarsa coscienza delle conseguenze dei propri gesti, pronunciato narcisismo che si esprime con l’esibizione delle proprie bravate (filmati, foto con cellulari, racconti agli amici). Nel caso di una provenienza straniera si tratta di giovani di condizione socio-economica precaria, spesso con problemi di scolarizzazione, di formazione professionale o di integrazione. Questo statisticamente il profilo del giovane violento. L’identikit è stato stilato dal Gruppo ‘giovani, violenza, educazione’, gruppo che ha visto la luce all’indomani dell’omicidio di Damiano Tamagni, il 22enne di Godremo aggredito al carnevale di Locarno lo scorso 1° febbraio. Coordinato dal procuratore pubblico Antonio Perugini, questo gruppo operativo e di coordinamento creato « per meglio affrontare il problema della violenza giovanile » in Ticino è stato formalmente costituito dal governo su proposta del ministro Luigi Pedrazzini. Composta, oltre che da Perugini, dai rappresentanti della scuola ( Franco Lazzarotto), dell’Ufficio giovani del Dss ( Marco Galli) e della Polizia cantonale ( Pierluigi Vaerini) nonché dal magistrato dei minorenni Reto Medici, la task force ha ricevuto il compito dal Consiglio di Stato di « acquisire una visione più completa della situazione quale premessa per adottare strategie operative, coordinare nel modo migliore e valorizzare i puntuali interventi settoriali già operanti nel territorio, proporre, rispettivamente adottare in tempi brevi misure operative coordinate che permettano di arginare comportamenti violenti e problematici, individuare e proporre al Consiglio di Stato strategie atte a promuovere e consolidare nei giovani i valori della convivenza pacifica e del rispetto della propria e dell’altrui integrità ». Il gruppo si è poi allargato a rappresentanti dei media, dei principali centri del cantone e delle associazioni giovanili. Digeribili e indigeste Alcuni dei suggerimenti sortiti dai lavori del gruppo hanno avuto da subito un’ampia eco mediatica. « Alcune proposte riscatenò sulteranno digeribili, altre indigeste », sottolineò il pp Perugini al momento della presentazione nel maggio 2008 del primo rapporto. Tra queste ultime basti rammentare la proposta di introdurre il coprifuoco per i minorenni. Proposta però scartata dal Consiglio di Stato, il quale comunicò di non voler nemmeno « approfondire l’ipotesi di una base legale volta a stabilire un orario limite per la presenza di minorenni in luoghi pubblici ». Altro rapporto, altra proposta. Il divieto di ‘ botellon’. Si tratta del termine spagnolo relativo ad appuntamenti di massa, organizzati sfruttando internet, che hanno quale scopo primario il bere alcolici in gruppo e in spazi pubblici come piazze e parchi cittadini. Il lancio di una manifestazione simile a Bellinzona una ridda di commenti e pareri, messi a tacere dalla scarsa partecipazione dei ticinesi. Attenti ai media Più volte nei ‘rapporti Perugini’ viene stigmatizzato il ruolo dei media in vicende come l’omicidio Tamagni. Dai comunicati stampa delle forze dell’ordine alla cronaca giornalistica, secondo il gruppo di lavoro occorrerebbe ripensare modalità e contenuti nel caso di atti penalmente rilevanti commessi da minorenni o di problematiche giovanili in senso più ampio. Non si tratta di una censura, bensì di una maggior consapevolezza e sensibilità verso i sentimenti suscitati nella popolazione. Tre rapporti, oltre nove mesi di lavoro, all’insegna del pragmatismo, della ricerca di soluzioni praticabili per contrastare un fenomeno progressivamente in aumento, sia nelle cifre, sia nella brutalità ed esplosività dei gesti. Si tratta di episodi di violenza in genere legati a motivi futili. Spesso sguardi o parole mal intesi sono sufficienti a scatenare reazioni di violenza, altrettanto spesso accecata dal consumo di alcol o droghe. « Sono soddisfatto di come il gruppo sta lavorando – dice Perugini alla “RegioneTicino” –, Abbiamo consegnato un ventaglio di proposte concrete e attuabili, la maggior parte in tempi brevi. Ora ci vuole la volontà politica di decidere e mettere in pratica ». Come dire: ora tocca al Consiglio di Stato.
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A Carnevale per i violenti scatterà la diffida
Il provvedimento verrà adottato da cinque società organizzatrici
S’allunga la lista di misure che le società organizzatrici dei carnevali di Tesserete (Or Penagin), Chiasso (Nebiopoli), Sant’Antonino (Goss), Roveredo (Lingera) e Maggia hanno confezionato lanciando a suo tempo la campagna “Carnevali in sicurezza”. Quest’anno chi in occasione di una delle cinque imminenti manifestazioni verrà colpito da una diffida per essersi reso protagonista di atti violenti non potrà accedere nemmeno alle altre quattro rassegne carnevalesche. Di più: lo stesso provvedimento sarà valido anche nel 2010. La campagna “Carnevali in sicurezza” è stata ideata nel 2007 ed è concretamente partita lo scorso anno, prima del tragico episodio di Locarno. L’iniziativa coinvolge al momento cinque società organizzatrici di carnevali: l’ultima in ordine di tempo a entrare nel gruppo è stata quella di Maggia. Ed è sostenuta dall’Associazione regnanti della Svizzera italiana e dalla ditta privata di sicurezza Rainbow. « Si è deciso di unire le forze per elaborare delle strategie uniformi affinché le manifestazioni possano svolgersi solo ed esclusivamente all’insegna del divertimento », ha spiegato il direttore della Rainbow, Alberto Pongelli, intervenendo ieri a Sant’Antonino alla conferenza stampa indetta per illustrare l’edizione 2009 di “Carnevali in sicurezza”. Strategie uniformi che hanno portato fra l’altro alla stesura di un regolamento comune. Con relativi divieti. In una nota i promotori della campagna ne ricordano alcuni: « Divieto di fumo nei capannoni, divieto di introdurre materiale “a rischio” (vetro, lattine, bottiglie in Pet, coltelli ecc.) e divieto di consumo di alcol per i minorenni ». Sempre in base al regolamento, che parla anche di controlli agli « accessi », il pubblico « può essere fotografato o filmato ». L’obiettivo non è la repressione: « si vuole fare unicamente della prevenzione », ha tenuto a precisare Simone Giudicetti, presidente del Carnevale Lingera di Roveredo. La campagna come detto è partita l’anno scorso. E la prima esperienza « è stata molto positiva », ha sottolineato Livio Mazzuchelli, alla testa degli organizzatori del Carnevale di Tesserete aggiungendo che la sicurezza « assorbe il 40 per cento dei nostri costi ». Mario Gambarini, responsabile della sicurezza per il Carnevale di Sant’Antonino: « Ogni volta ci incontriamo, prima dell’apertura della manifestazione, con le forze di polizia, i pompieri e i servizi sanitari e insieme effet-tuiamo i necessari sopralluoghi ». L’edizione 2009 di “Carnevali in sicurezza” introduce dunque in caso di diffida il divieto d’accesso alle cinque rassegne carnevalesche citate, quelle in programma sia quest’anno che nel 2010. Gli aspetti giuridici, ha detto Mazzuchelli, sono stati chiariti col procuratore pubblico Antonio Perugini. Pongelli: « Se la persona raggiunta dal provvedimento viene riconosciuta all’interno degli spazi ai quali non avrebbe dovuto accedere, nei suoi confronti scatta la denuncia per violazione di domicilio ». Gli ideatori di “Carnevali in sicurezza” sperano nell’adesione alla campagna di altre società organizzatrici. « Il nostro dispositivo di sicurezza ha però un’altra struttura e un’altra dimensione, anche perché la superficie pubblica interessata dalla manifestazione è assai vasta – afferma il presidente del Rabadan di Bellinzona Decio Cavallini interpellato dalla “RegioneTicino” –. Noi investiamo mezzo milione di franchi nella sicurezza e un simile importo non è certo alla portata di società più piccole della nostra. La diffida – aggiunge Cavallini – è comunque una misura che può essere dissuasiva. Vedo tuttavia un problema pratico: la maschera non facilita il riconoscimento di chi è stato colpito dal provvedimento. In ogni caso, ripeto, la diffida può costituire un deterrente ».
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