Damiano? «Non lo conoscevamo!»
In aula da ieri, i tre imputati del delitto Tamagni iniziano a dare la loro versione
COSÌ È STATO MASSACRATO
Cosa accadde quella tragica notte secondo l’accusa
Omicidio intenzionale per Ivica Grgic e Marko Tomic, aggressione per Ivan Jurkic:questi i reati principali a carico dei tre imputati da ieri in aula alle Criminali di Locarno. Nell’atto d’accusa la pp Rosa Item ricostruisce così quella tragica notte del 1. febbraio 2008. Verso le 23.40 Ivan Jurkic per primo si dirige contro Damiano Tamagni, lo spintona in maniera forte a diverse riprese colpendolo con calci al busto e agli arti anche quando era a terra. A questo suo agire violento si unisce pure il minorenne, anche lui arrestato nel corso dell’inchiesta e che sarà oggetto di un procedimento disgiunto, che colpisce Damiano Tamagni con un pugno al braccio sinistro. Dal canto loro Ivica Grgic e Marko Tomic, dopo aver visto l’aggressione di Tamagni, a loro volta si avventano sul malcapitato. In particolare Marko Tomic lo colpisce con un pugno al viso e Ivica Grgic con un altro pugno alla mascella. Tomic sferra quindi al poveretto un calcio allo stinco e uno nella zona tra la pancia e la coscia. Intanto anche il minorenne continua a infierire sulla vittima colpendola con un calcio al basso fianco sinistro, tra le costole e la coscia. Damiano Tamagni oggetto di questa ripetuta violenza è oramai a terra e mentre giace inerme al suolo i tre imputati continuano a colpirlo con calci al busto e agli arti. In un tentativo quasi disperato di difesa Tamagni si rannicchia e con le braccia tenta di proteggersi come può. È a questo momento che Grgic e Tomic gli sferrano calci diretti al capo finché il poveretto rimane oramai immobile. Grgic a questo punto si sposta appositamente all’altezza della testa e gli sferra ancora un calcio mirato al capo, cosa che fa anche Tomic colpendolo con un altro calcio nella parte sinistra della testa lasciandolo immobile a terra con gli occhi sbarrati e rivolti all’indietro. Quindi, unitamente a Jurkic, i due si allontanano incuranti della sorte della vittima, nell’intento di non essere identificati. Come detto, questa appena esposta è la ricostruzione che la procuratrice pubblica Rosa Item, che ha condotto l’inchiesta, ha fatto nell’atto d’accusa. Starà ora al processo avviato ieri stabilire se quanto ipotizzato dalla pp corrisponde a ciò che effettivamente si è verificato quella tragica, triste quanto squallida notte dove una festa si è trasformata in una tragedia immane.
***
LA CORTE E LE PARTI
La sentenza attesa nei primi giorni di settimana prossima È presieduta dal giudice Mauro Ermani la Corte delle Assise criminali di Locarno chiamata a giudicare Ivica Grgic, Marko Tomic e Ivan Jurkic. Per i primi due l’accusa principale è di omicidio intenzionale, per il terzo di aggressione per la morte del 22enne di Gordola Damiano Tamagni, massacrato di botte nella notte del 1. febbraio 2008 durante il carnevale locarnese. Giudici a latere sono Chiarella Rei-Ferrari e Luca Zorzi. Gli assessori giurati: Fabio Borsari, Emma Galfetti, Linda Keller-Starnini (supplente), Angelo Ponti, Domenico Prandi (supplente), Liliana Richner e Doris Roggia. Segretaria: Barbara Maspoli. Il dibattimento apertosi ieri proseguirà oggi con l’istruttoria che ricostruirà quanto avvenuto quella sera in Città Vecchia a Locarno. Domani è prevista la presentazione delle perizie (una dell’accusa, una della parte civile e una della difesa), mentre da giovedì si inizierà con la requisitoria della pp Rosa Item e delle arringhe dei difensori, gli avv. Luca Marcellini (legale di Jurkic), Yasar Ravi (patrocinatore di Tomic) e Francesca Perucchi (legale di Grgic). La famiglia Tamagni è rappresentata dall’avv. Diego Olgiati. La sentenza è attesa per i primi giorni della prossima settimana.
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È LA SERA DEL 1. FEBBRAIO 2008: IL CARNEVALE STA PER INIZIARE
«Il primo che rompe lo ammazzo»
«Stasera il primo che mi tocca lo ammazzo», «Chi picchiamo questa sera?»:è sull’onda di queste «sparate» che è partita quella tragica serata del 1. febbraio dello scorso anno al muraglione sotto la Magistrale dove Ivica Grgic, Marko Tomic e Ivan Jurkic si sono ritrovati, con un gruppo di altri amici, per andare al carnevale locarnese che si svolgeva a pochi passi in Città Vecchia. I tre avevano fissato in precedenza il punto di ritrovo e si erano organizzati, acquistando una cassa di birra, per la serata. È quanto hanno iniziato a raccontare ieri nelle ultime battute della prima giornata processuale che, per il resto della giornata, è stata in particolare dedicata a meglio conoscere i tre imputati (vedi testo a lato). Dal muraglione il terzetto ha poi raggiunto il capannone principale della «Stranociada» e da lì è iniziato il pellegrinaggio fra le varie tendine allestite per animare il carnevale. Nel frattempo, Grgic e Jurkic si erano fumati anche uno spinello e bazzicando da un capannone all’altro alle birre già bevute in precedenza dai tre se ne sono aggiunte altre. Va comunque detto che al momento in cui i giovani sono stati arrestati il tenore di alcool rilevato non è risultato tale da evidenziare una particolare sbornia. Una serata, come detto, partita sull’onda di affermazioni piuttosto pesanti che ieri in aula, a domanda esplicita del giudice, sono state sminuite da chi le ha pronunciate (Grgic in particolare e Tomic), osservando come si trattasse solo di esternazioni senza intenzioni concrete, una sorta di vanteria di quanto si potrebbe arrivare a fare, ma non certo con l’intenzione di sopingersi fino a quel punto. Intanto, mentre da una parte della città ci si stava organizzando in questo modo per partecipare al carnevale, dall’altra, a poche centinaia di metri di distanza, un altro gruppetto di amici si stava pian piano ritrovando, nella sede del Drago Rosso in Piazza S. Antonio, punto d’incontro stabilito da questi giovani. Una ventina quelli che hanno condiviso l’appuntamento, fra i quali Damiano Tamagni che, come i suoi compagni, è giunto mascherato da Emo (ispirandosi al punk rock in tema col soggetto scelto dal gruppetto). Come ogni festa di carnevale che questi amici avevano già trascorso assieme, un loro sito internet ne avrebbe raccolto il meglio. Come stavolta sarebbe andata a finire purtroppo nessuno lo poteva immaginare e cosa sia effettivamente successo sarà appunto al centro della giornata dibattimentale odierna dove i tre imputati, che hanno comunque già dichiarato che non conoscevano Tamagni, saranno chiamati a spiegare il motivo del violento pestaggio.
***
CHI SONO GLI IMPUTATI ALLA SBARRA?
Tre giovani uniti da un’amicizia che si è fatta pericolosa
Presi singolarmente potrebbero forse anche risultare innocui, ma indubbiamente l’amicizia che li accomuna ha determinato un valore aggiunto negativo, trasformatosi nell’assurda violenza con cui hanno agito quella triste notte del carnevale 2008. Marko Tomic, 20.enne, arriva dalla Bosnia Erzegovina a Losone nel ’91 e nel 2003 diventa cittadino svizzero. Intraprende una formazione di montatore sanitario, ma sui posti di lavoro è arrogante e maleducato. L’ex-ragazza lo dipinge come «sempre pronto a fare a botte, minaccioso e violento quando beve». Anche gli amici lo giudicano uno «sbruffone, aggressivo comunque solo quando è in gruppo». Buoni i rapporti con la sua famiglia, che durante l’inchiesta farà di tutto per sostenerlo, quasi rinnegando le sue responsabilità in quanto accaduto. Ivica Grgic, 23.enne nato a Locarno (cittadino croato), di formazione pittore, ha invece una famiglia difficile:ha problemi col padre da lui ritenuto una sorta di dittatore che maltratta la madre e la sorella. Problemi famigliari che, a suo dire, hanno inciso anche sulla sua vita lavorativa che è molto incostante. A detta degli amici è «un violento a parole che sa valersi solo con i più deboli». Ivan Jurkic, 21.enne, nasce in Bosnia Erzegovina e giunto alle nostre latitudini si fa cittadino svizzero. Dal 2003 lavora alla Migros di Minusio, soprattutto nel reparto macelleria. Ancora oggi i suoi colleghi di lavoro lo rimpiangono per la sua affidabilità e capacità Gli amici lo definiscono «un bulletto bambinone, che è cambiato da quando ha iniziato a frequentare gli altri due amici». La sua famiglia è molto unita.
***
FRA LA GENTE, IN ATTESA DEL DIBATTIMENTO
«Speriamo che sia un processo educativo»
Ore 8.20. All’inizio del processo più atteso dell’anno manca più di un’ora, ma sotto, in strada, nel gelo, davanti al Pretorio, c’è già una persona in attesa. È lo zio di Damiano, don Samuele Tamagni. Mi presento, parliamo un po’. «La violenza», mi dice, «è presente da sempre nel cuore dell’uomo, ma oggi non si distingue più cosa è bene e cosa è male. Speriamo almeno che questa straziante vicenda serva a qualcosa. Speriamo soprattutto che questo sia un processo educativo».
8.25. Le prime persone, tre giovani, arrivano davanti al portone dell’aula penale. Fra loro c’è Giacomo Sciaroni, segretario della Fondazione Damiano Tamagni. Gentilmente un agente fa presente che l’ingresso al pubblico è ancora vietato. Lo resterà a lungo. Dieci minuti dopo, sul pianerottolo c’è già una piccola folla. Tanti giovani. «Come stai?», «Bene». Sorrisi, ma la tensione è evidente. È chiaro che tutti sarebbero stati più contenti d’incontrarsi altrove.
8.36. Un portone si apre, ma è quello della parte riservata alla Corte, agli imputati e ad accusa e difesa.
8.55. Arriva il giudice Ermani, seguito dall’avv. Ravi. Intanto è arrivata la stampa, anche confederata. E poco dopo giungono i primi famigliari degli imputati.
Ore 9. Sul pianerottolo non ci si sta più: la gente preme per entrare, ma è già chiaro che non ci sarà posto per tutti. E infatti un agente annuncia che «dovremo fare una cernita». Ma ancora non apre. E l’attesa aumenta.
9.03. Finalmente, i primi a entrare sono i famigliari di Damiano, comprensibilmente tesi. La porta si richiude, tre agenti fanno da filtro. La riaprono, dopo quasi un quarto d’ora, per far entrare i primi parenti degli imputati.
9.17. Viene chiamata la stampa scritta. «Quell’altra no?», è l’immediata reazione a più voci. Tutto però avviene in maniera pacata. Qualche protesta, da parte di chi viene tenuto fuori, c’è, ma nessuno alza la voce. C’è nell’aria una sorta di sacralità che non va infranta.
9.21. Fotografi e cameramen possono entrare a riprendere la Corte. Gli imputati non ci sono ancora.
9.28. Dietro chi è stato lasciato entrare (famigliari e giornalisti, sostanzialmente) il portone si richiude. Sono meno di una cinquantina di persone: almeno altrettante sono rimaste fuori. Di nuovo qualche protesta: «Qualcuno della Fondazione deve poter entrare!». Ma per finire nessuno degli amici di Damiano che fanno parte della Fondazione costituita in sua memoria potrà presenziare all’inizio del processo. Fra le persone chiuse fuori, anche alcuni giornalisti.
9.30. All’ora fissata per l’inizio del dibattimento si richiude anche l’altro portone: ma gli imputati non ci sono ancora.
9.33. Cine-e foto reporter vengono fatti uscire dall’aula. Le telecamere vengono fatte spegnere: non meno di sei agenti in divisa controllano che l’ordine sia stato eseguito e presidiano la zona.
9.34. Attentamente scortato entra il primo imputato: è Ivan Jurkic. Due minuti dopo tocca a Marko Tomic; passa un altro minuto ed ecco Ivica Grgic.
Sono le 9.37. Mentre il portone si richiude, si sente suonare il campanello. Chi è rimasto fuori fatica a sciamare. Diverse persone restano lì, chi impietrito, chi semplicemente incredulo («Ma non potevano pensarci prima che sarebbe arrivata così tanta gente?»). Ma ancora nessuno alza la voce: c’è una sorta di sacralità, appunto. Tornando in ufficio mi scopro a pensare (perché questo stupore?) che in nessun momento, da nessuno dei presenti, ho sentito frasi razziste, nè commenti improntati all’odio o alla vendetta. Nessuno chiede vendetta. Tutti si aspettano che Damiano abbia giustizia.
PAGINA A CURA DI LUCA CONTI E MAURO EURO
In aula da ieri, i tre imputati del delitto Tamagni iniziano a dare la loro versione
COSÌ È STATO MASSACRATO
Cosa accadde quella tragica notte secondo l’accusa
Omicidio intenzionale per Ivica Grgic e Marko Tomic, aggressione per Ivan Jurkic:questi i reati principali a carico dei tre imputati da ieri in aula alle Criminali di Locarno. Nell’atto d’accusa la pp Rosa Item ricostruisce così quella tragica notte del 1. febbraio 2008. Verso le 23.40 Ivan Jurkic per primo si dirige contro Damiano Tamagni, lo spintona in maniera forte a diverse riprese colpendolo con calci al busto e agli arti anche quando era a terra. A questo suo agire violento si unisce pure il minorenne, anche lui arrestato nel corso dell’inchiesta e che sarà oggetto di un procedimento disgiunto, che colpisce Damiano Tamagni con un pugno al braccio sinistro. Dal canto loro Ivica Grgic e Marko Tomic, dopo aver visto l’aggressione di Tamagni, a loro volta si avventano sul malcapitato. In particolare Marko Tomic lo colpisce con un pugno al viso e Ivica Grgic con un altro pugno alla mascella. Tomic sferra quindi al poveretto un calcio allo stinco e uno nella zona tra la pancia e la coscia. Intanto anche il minorenne continua a infierire sulla vittima colpendola con un calcio al basso fianco sinistro, tra le costole e la coscia. Damiano Tamagni oggetto di questa ripetuta violenza è oramai a terra e mentre giace inerme al suolo i tre imputati continuano a colpirlo con calci al busto e agli arti. In un tentativo quasi disperato di difesa Tamagni si rannicchia e con le braccia tenta di proteggersi come può. È a questo momento che Grgic e Tomic gli sferrano calci diretti al capo finché il poveretto rimane oramai immobile. Grgic a questo punto si sposta appositamente all’altezza della testa e gli sferra ancora un calcio mirato al capo, cosa che fa anche Tomic colpendolo con un altro calcio nella parte sinistra della testa lasciandolo immobile a terra con gli occhi sbarrati e rivolti all’indietro. Quindi, unitamente a Jurkic, i due si allontanano incuranti della sorte della vittima, nell’intento di non essere identificati. Come detto, questa appena esposta è la ricostruzione che la procuratrice pubblica Rosa Item, che ha condotto l’inchiesta, ha fatto nell’atto d’accusa. Starà ora al processo avviato ieri stabilire se quanto ipotizzato dalla pp corrisponde a ciò che effettivamente si è verificato quella tragica, triste quanto squallida notte dove una festa si è trasformata in una tragedia immane.
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LA CORTE E LE PARTI
La sentenza attesa nei primi giorni di settimana prossima È presieduta dal giudice Mauro Ermani la Corte delle Assise criminali di Locarno chiamata a giudicare Ivica Grgic, Marko Tomic e Ivan Jurkic. Per i primi due l’accusa principale è di omicidio intenzionale, per il terzo di aggressione per la morte del 22enne di Gordola Damiano Tamagni, massacrato di botte nella notte del 1. febbraio 2008 durante il carnevale locarnese. Giudici a latere sono Chiarella Rei-Ferrari e Luca Zorzi. Gli assessori giurati: Fabio Borsari, Emma Galfetti, Linda Keller-Starnini (supplente), Angelo Ponti, Domenico Prandi (supplente), Liliana Richner e Doris Roggia. Segretaria: Barbara Maspoli. Il dibattimento apertosi ieri proseguirà oggi con l’istruttoria che ricostruirà quanto avvenuto quella sera in Città Vecchia a Locarno. Domani è prevista la presentazione delle perizie (una dell’accusa, una della parte civile e una della difesa), mentre da giovedì si inizierà con la requisitoria della pp Rosa Item e delle arringhe dei difensori, gli avv. Luca Marcellini (legale di Jurkic), Yasar Ravi (patrocinatore di Tomic) e Francesca Perucchi (legale di Grgic). La famiglia Tamagni è rappresentata dall’avv. Diego Olgiati. La sentenza è attesa per i primi giorni della prossima settimana.
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È LA SERA DEL 1. FEBBRAIO 2008: IL CARNEVALE STA PER INIZIARE
«Il primo che rompe lo ammazzo»
«Stasera il primo che mi tocca lo ammazzo», «Chi picchiamo questa sera?»:è sull’onda di queste «sparate» che è partita quella tragica serata del 1. febbraio dello scorso anno al muraglione sotto la Magistrale dove Ivica Grgic, Marko Tomic e Ivan Jurkic si sono ritrovati, con un gruppo di altri amici, per andare al carnevale locarnese che si svolgeva a pochi passi in Città Vecchia. I tre avevano fissato in precedenza il punto di ritrovo e si erano organizzati, acquistando una cassa di birra, per la serata. È quanto hanno iniziato a raccontare ieri nelle ultime battute della prima giornata processuale che, per il resto della giornata, è stata in particolare dedicata a meglio conoscere i tre imputati (vedi testo a lato). Dal muraglione il terzetto ha poi raggiunto il capannone principale della «Stranociada» e da lì è iniziato il pellegrinaggio fra le varie tendine allestite per animare il carnevale. Nel frattempo, Grgic e Jurkic si erano fumati anche uno spinello e bazzicando da un capannone all’altro alle birre già bevute in precedenza dai tre se ne sono aggiunte altre. Va comunque detto che al momento in cui i giovani sono stati arrestati il tenore di alcool rilevato non è risultato tale da evidenziare una particolare sbornia. Una serata, come detto, partita sull’onda di affermazioni piuttosto pesanti che ieri in aula, a domanda esplicita del giudice, sono state sminuite da chi le ha pronunciate (Grgic in particolare e Tomic), osservando come si trattasse solo di esternazioni senza intenzioni concrete, una sorta di vanteria di quanto si potrebbe arrivare a fare, ma non certo con l’intenzione di sopingersi fino a quel punto. Intanto, mentre da una parte della città ci si stava organizzando in questo modo per partecipare al carnevale, dall’altra, a poche centinaia di metri di distanza, un altro gruppetto di amici si stava pian piano ritrovando, nella sede del Drago Rosso in Piazza S. Antonio, punto d’incontro stabilito da questi giovani. Una ventina quelli che hanno condiviso l’appuntamento, fra i quali Damiano Tamagni che, come i suoi compagni, è giunto mascherato da Emo (ispirandosi al punk rock in tema col soggetto scelto dal gruppetto). Come ogni festa di carnevale che questi amici avevano già trascorso assieme, un loro sito internet ne avrebbe raccolto il meglio. Come stavolta sarebbe andata a finire purtroppo nessuno lo poteva immaginare e cosa sia effettivamente successo sarà appunto al centro della giornata dibattimentale odierna dove i tre imputati, che hanno comunque già dichiarato che non conoscevano Tamagni, saranno chiamati a spiegare il motivo del violento pestaggio.
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CHI SONO GLI IMPUTATI ALLA SBARRA?
Tre giovani uniti da un’amicizia che si è fatta pericolosa
Presi singolarmente potrebbero forse anche risultare innocui, ma indubbiamente l’amicizia che li accomuna ha determinato un valore aggiunto negativo, trasformatosi nell’assurda violenza con cui hanno agito quella triste notte del carnevale 2008. Marko Tomic, 20.enne, arriva dalla Bosnia Erzegovina a Losone nel ’91 e nel 2003 diventa cittadino svizzero. Intraprende una formazione di montatore sanitario, ma sui posti di lavoro è arrogante e maleducato. L’ex-ragazza lo dipinge come «sempre pronto a fare a botte, minaccioso e violento quando beve». Anche gli amici lo giudicano uno «sbruffone, aggressivo comunque solo quando è in gruppo». Buoni i rapporti con la sua famiglia, che durante l’inchiesta farà di tutto per sostenerlo, quasi rinnegando le sue responsabilità in quanto accaduto. Ivica Grgic, 23.enne nato a Locarno (cittadino croato), di formazione pittore, ha invece una famiglia difficile:ha problemi col padre da lui ritenuto una sorta di dittatore che maltratta la madre e la sorella. Problemi famigliari che, a suo dire, hanno inciso anche sulla sua vita lavorativa che è molto incostante. A detta degli amici è «un violento a parole che sa valersi solo con i più deboli». Ivan Jurkic, 21.enne, nasce in Bosnia Erzegovina e giunto alle nostre latitudini si fa cittadino svizzero. Dal 2003 lavora alla Migros di Minusio, soprattutto nel reparto macelleria. Ancora oggi i suoi colleghi di lavoro lo rimpiangono per la sua affidabilità e capacità Gli amici lo definiscono «un bulletto bambinone, che è cambiato da quando ha iniziato a frequentare gli altri due amici». La sua famiglia è molto unita.
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FRA LA GENTE, IN ATTESA DEL DIBATTIMENTO
«Speriamo che sia un processo educativo»
Ore 8.20. All’inizio del processo più atteso dell’anno manca più di un’ora, ma sotto, in strada, nel gelo, davanti al Pretorio, c’è già una persona in attesa. È lo zio di Damiano, don Samuele Tamagni. Mi presento, parliamo un po’. «La violenza», mi dice, «è presente da sempre nel cuore dell’uomo, ma oggi non si distingue più cosa è bene e cosa è male. Speriamo almeno che questa straziante vicenda serva a qualcosa. Speriamo soprattutto che questo sia un processo educativo».
8.25. Le prime persone, tre giovani, arrivano davanti al portone dell’aula penale. Fra loro c’è Giacomo Sciaroni, segretario della Fondazione Damiano Tamagni. Gentilmente un agente fa presente che l’ingresso al pubblico è ancora vietato. Lo resterà a lungo. Dieci minuti dopo, sul pianerottolo c’è già una piccola folla. Tanti giovani. «Come stai?», «Bene». Sorrisi, ma la tensione è evidente. È chiaro che tutti sarebbero stati più contenti d’incontrarsi altrove.
8.36. Un portone si apre, ma è quello della parte riservata alla Corte, agli imputati e ad accusa e difesa.
8.55. Arriva il giudice Ermani, seguito dall’avv. Ravi. Intanto è arrivata la stampa, anche confederata. E poco dopo giungono i primi famigliari degli imputati.
Ore 9. Sul pianerottolo non ci si sta più: la gente preme per entrare, ma è già chiaro che non ci sarà posto per tutti. E infatti un agente annuncia che «dovremo fare una cernita». Ma ancora non apre. E l’attesa aumenta.
9.03. Finalmente, i primi a entrare sono i famigliari di Damiano, comprensibilmente tesi. La porta si richiude, tre agenti fanno da filtro. La riaprono, dopo quasi un quarto d’ora, per far entrare i primi parenti degli imputati.
9.17. Viene chiamata la stampa scritta. «Quell’altra no?», è l’immediata reazione a più voci. Tutto però avviene in maniera pacata. Qualche protesta, da parte di chi viene tenuto fuori, c’è, ma nessuno alza la voce. C’è nell’aria una sorta di sacralità che non va infranta.
9.21. Fotografi e cameramen possono entrare a riprendere la Corte. Gli imputati non ci sono ancora.
9.28. Dietro chi è stato lasciato entrare (famigliari e giornalisti, sostanzialmente) il portone si richiude. Sono meno di una cinquantina di persone: almeno altrettante sono rimaste fuori. Di nuovo qualche protesta: «Qualcuno della Fondazione deve poter entrare!». Ma per finire nessuno degli amici di Damiano che fanno parte della Fondazione costituita in sua memoria potrà presenziare all’inizio del processo. Fra le persone chiuse fuori, anche alcuni giornalisti.
9.30. All’ora fissata per l’inizio del dibattimento si richiude anche l’altro portone: ma gli imputati non ci sono ancora.
9.33. Cine-e foto reporter vengono fatti uscire dall’aula. Le telecamere vengono fatte spegnere: non meno di sei agenti in divisa controllano che l’ordine sia stato eseguito e presidiano la zona.
9.34. Attentamente scortato entra il primo imputato: è Ivan Jurkic. Due minuti dopo tocca a Marko Tomic; passa un altro minuto ed ecco Ivica Grgic.
Sono le 9.37. Mentre il portone si richiude, si sente suonare il campanello. Chi è rimasto fuori fatica a sciamare. Diverse persone restano lì, chi impietrito, chi semplicemente incredulo («Ma non potevano pensarci prima che sarebbe arrivata così tanta gente?»). Ma ancora nessuno alza la voce: c’è una sorta di sacralità, appunto. Tornando in ufficio mi scopro a pensare (perché questo stupore?) che in nessun momento, da nessuno dei presenti, ho sentito frasi razziste, nè commenti improntati all’odio o alla vendetta. Nessuno chiede vendetta. Tutti si aspettano che Damiano abbia giustizia.
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