20 gennaio 2009 - Corriere del Ticino

Damiano? «Non lo conoscevamo!»
In aula da ieri, i tre imputati del delitto Tamagni iniziano a dare la loro versione

COSÌ È STATO MASSACRATO
Cosa accadde quella tragica notte secondo l’accusa
Omicidio intenzionale per Ivi­ca Grgic e Marko Tomic, aggres­sione per Ivan Jurkic:questi i rea­ti principali a carico dei tre im­putati da ieri in aula alle Crimi­nali di Locarno. Nell’atto d’accu­sa la pp Rosa Item ricostruisce co­sì quella tragica notte del 1. feb­braio 2008. Verso le 23.40 Ivan Jurkic per primo si dirige contro Damiano Tamagni, lo spintona in maniera forte a diverse ripre­se colpendolo con calci al busto e agli arti anche quando era a terra. A questo suo agire violento si uni­sce pure il minorenne, anche lui arrestato nel corso dell’inchiesta e che sarà oggetto di un procedi­mento disgiunto, che colpisce Damiano Tamagni con un pugno al braccio sinistro. Dal canto loro Ivica Grgic e Mar­ko Tomic, dopo aver visto l’ag­gressione di Tamagni, a loro vol­ta si avventano sul malcapitato. In particolare Marko Tomic lo col­pisce con un pugno al viso e Ivica Grgic con un altro pugno alla ma­scella. Tomic sferra quindi al po­veretto un calcio allo stinco e uno nella zona tra la pancia e la co­scia. Intanto anche il minorenne continua a infierire sulla vittima colpendola con un calcio al bas­so fianco sinistro, tra le costole e la coscia. Damiano Tamagni og­getto di questa ripetuta violenza è oramai a terra e mentre giace inerme al suolo i tre imputati con­tinuano a colpirlo con calci al bu­sto e agli arti. In un tentativo qua­si disperato di difesa Tamagni si rannicchia e con le braccia tenta di proteggersi come può. È a questo momento che Grgic e Tomic gli sferrano calci diretti al capo finché il poveretto rimane oramai immobile. Grgic a questo punto si sposta appositamente all’altezza della testa e gli sferra ancora un calcio mirato al capo, cosa che fa anche Tomic colpen­dolo con un altro calcio nella par­te sinistra della testa lasciandolo immobile a terra con gli occhi sbarrati e rivolti all’indietro. Quindi, unitamente a Jurkic, i due si allontanano incuranti della sor­te della vittima, nell’intento di non essere identificati. Come detto, questa appena espo­sta è la ricostruzione che la pro­curatrice pubblica Rosa Item, che ha condotto l’inchiesta, ha fatto nell’atto d’accusa. Starà ora al processo avviato ieri stabilire se quanto ipotizzato dal­la pp corrisponde a ciò che effet­tivamente si è verificato quella tragica, triste quanto squallida notte dove una festa si è trasfor­mata in una tragedia immane.

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LA CORTE E LE PARTI
La sentenza attesa nei primi giorni di settimana prossima È presieduta dal giudice Mau­ro Ermani la Corte delle Assise criminali di Locarno chiamata a giudicare Ivica Grgic, Marko To­mic e Ivan Jurkic. Per i primi due l’accusa principale è di omicidio intenzionale, per il terzo di ag­gressione per la morte del 22en­ne di Gordola Damiano Tama­gni, massacrato di botte nella notte del 1. febbraio 2008 duran­te il carnevale locarnese. Giudici a latere sono Chiarella Rei-Fer­rari e Luca Zorzi. Gli assessori giurati: Fabio Borsari, Emma Galfetti, Linda Keller-Starnini (supplente), Angelo Ponti, Do­menico Prandi (supplente), Li­liana Richner e Doris Roggia. Segretaria: Barbara Maspoli. Il dibattimento apertosi ieri pro­seguirà oggi con l’istruttoria che ricostruirà quanto avvenuto quel­la sera in Città Vecchia a Locar­no. Domani è prevista la presen­tazione delle perizie (una dell’ac­cusa, una della parte civile e una della difesa), mentre da giovedì si inizierà con la requisitoria del­la pp Rosa Item e delle arringhe dei difensori, gli avv. Luca Mar­cellini (legale di Jurkic), Yasar Ravi (patrocinatore di Tomic) e Francesca Perucchi (legale di Grgic). La famiglia Tamagni è rap­presentata dall’avv. Diego Olgia­ti. La sentenza è attesa per i primi giorni della prossima settimana.

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È LA SERA DEL 1. FEBBRAIO 2008: IL CARNEVALE STA PER INIZIARE
«Il primo che rompe lo ammazzo»

«Stasera il primo che mi tocca lo ammazzo», «Chi picchiamo questa sera?»:è sull’onda di que­ste «sparate» che è partita quella tragica serata del 1. febbraio del­lo scorso anno al muraglione sot­to la Magistrale dove Ivica Grgic, Marko Tomic e Ivan Jurkic si sono ritrovati, con un gruppo di altri amici, per andare al carnevale lo­carnese che si svolgeva a pochi passi in Città Vecchia. I tre ave­vano fissato in precedenza il pun­to di ritrovo e si erano organizza­ti, acquistando una cassa di birra, per la serata. È quanto hanno ini­ziato a raccontare ieri nelle ulti­me battute della prima giornata processuale che, per il resto del­la giornata, è stata in particolare dedicata a meglio conoscere i tre imputati (vedi testo a lato). Dal muraglione il terzetto ha poi raggiunto il capannone principa­le della «Stranociada» e da lì è ini­ziato il pellegrinaggio fra le varie tendine allestite per animare il carnevale. Nel frattempo, Grgic e Jurkic si erano fumati anche uno spinello e bazzicando da un ca­pannone all’altro alle birre già be­vute in precedenza dai tre se ne sono aggiunte altre. Va comun­que detto che al momento in cui i giovani sono stati arrestati il te­nore di alcool rilevato non è ri­sultato tale da evidenziare una particolare sbornia. Una serata, come detto, partita sull’onda di affermazioni piutto­sto pesanti che ieri in aula, a do­manda esplicita del giudice, so­no state sminuite da chi le ha pro­nunciate (Grgic in particolare e Tomic), osservando come si trat­tasse solo di esternazioni senza intenzioni concrete, una sorta di vanteria di quanto si potrebbe ar­rivare a fare, ma non certo con l’intenzione di sopingersi fino a quel punto. Intanto, mentre da una parte del­la città ci si stava organizzando in questo modo per partecipare al carnevale, dall’altra, a poche cen­tinaia di metri di distanza, un altro gruppetto di amici si stava pian piano ritrovando, nella sede del Drago Rosso in Piazza S. Antonio, punto d’incontro stabilito da que­sti giovani. Una ventina quelli che hanno condiviso l’appuntamen­to, fra i quali Damiano Tamagni che, come i suoi compagni, è giunto mascherato da Emo (ispi­randosi al punk rock in tema col soggetto scelto dal gruppetto). Co­me ogni festa di carnevale che questi amici avevano già trascor­so assieme, un loro sito internet ne avrebbe raccolto il meglio. Co­me stavolta sarebbe andata a fini­re purtroppo nessuno lo poteva immaginare e cosa sia effettiva­mente successo sarà appunto al centro della giornata dibattimen­tale odierna dove i tre imputati, che hanno comunque già dichia­rato che non conoscevano Tama­gni, saranno chiamati a spiegare il motivo del violento pestaggio.

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CHI SONO GLI IMPUTATI ALLA SBARRA?
Tre giovani uniti da un’amicizia che si è fatta pericolosa

Presi singolarmente potrebbe­ro forse anche risultare innocui, ma indubbiamente l’amicizia che li accomuna ha determinato un valore aggiunto negativo, trasfor­matosi nell’assurda violenza con cui hanno agito quella triste not­te del carnevale 2008. Marko To­mic, 20.enne, arriva dalla Bosnia Erzegovina a Losone nel ’91 e nel 2003 diventa cittadino svizzero. Intraprende una formazione di montatore sanitario, ma sui po­sti di lavoro è arrogante e male­ducato. L’ex-ragazza lo dipinge come «sempre pronto a fare a botte, minaccioso e violento quando beve». Anche gli amici lo giudicano uno «sbruffone, ag­gressivo comunque solo quando è in gruppo». Buoni i rapporti con la sua famiglia, che durante l’in­chiesta farà di tutto per sostener­lo, quasi rinnegando le sue re­sponsabilità in quanto accaduto. Ivica Grgic, 23.enne nato a Lo­carno (cittadino croato), di for­mazione pittore, ha invece una famiglia difficile:ha problemi col padre da lui ritenuto una sorta di dittatore che maltratta la madre e la sorella. Problemi famigliari che, a suo dire, hanno inciso an­che sulla sua vita lavorativa che è molto incostante. A detta degli amici è «un violento a parole che sa valersi solo con i più deboli». Ivan Jurkic, 21.enne, nasce in Bo­snia Erzegovina e giunto alle no­stre latitudini si fa cittadino sviz­zero. Dal 2003 lavora alla Migros di Minusio, soprattutto nel repar­to macelleria. Ancora oggi i suoi colleghi di lavoro lo rimpiango­no per la sua affidabilità e capaci­tà Gli amici lo definiscono «un bulletto bambinone, che è cam­biato da quando ha iniziato a fre­quentare gli altri due amici». La sua famiglia è molto unita.

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FRA LA GENTE, IN ATTESA DEL DIBATTIMENTO
«Speriamo che sia un processo educativo»

Ore 8.20. All’inizio del proces­so più atteso dell’anno manca più di un’ora, ma sotto, in strada, nel gelo, davanti al Pretorio, c’è già una persona in attesa. È lo zio di Damiano, don Samuele Tamagni. Mi presento, parliamo un po’. «La violenza», mi dice, «è presente da sempre nel cuore dell’uomo, ma oggi non si distingue più cosa è bene e cosa è male. Speriamo al­meno che questa straziante vi­cenda serva a qualcosa. Speria­mo soprattutto che questo sia un processo educativo».
8.25. Le prime persone, tre gio­vani, arrivano davanti al portone dell’aula penale. Fra loro c’è Gia­como Sciaroni, segretario della Fondazione Damiano Tamagni. Gentilmente un agente fa presen­te che l’ingresso al pubblico è an­cora vietato. Lo resterà a lungo. Dieci minuti dopo, sul pianerot­tolo c’è già una piccola folla. Tan­ti giovani. «Come stai?», «Bene». Sorrisi, ma la tensione è eviden­te. È chiaro che tutti sarebbero stati più contenti d’incontrarsi al­trove.
8.36. Un portone si apre, ma è quello della parte riservata alla Corte, agli imputati e ad accusa e difesa.
8.55. Arriva il giudice Ermani, se­guito dall’avv. Ravi. Intanto è arri­vata la stampa, anche confedera­ta. E poco dopo giungono i primi famigliari degli imputati.
Ore 9. Sul pianerottolo non ci si sta più: la gente preme per entra­re, ma è già chiaro che non ci sa­rà posto per tutti. E infatti un agente annuncia che «dovremo fare una cernita». Ma ancora non apre. E l’attesa aumenta.
9.03. Finalmente, i primi a en­trare sono i famigliari di Damia­no, comprensibilmente tesi. La porta si richiude, tre agenti fan­no da filtro. La riaprono, dopo quasi un quarto d’ora, per far entrare i primi parenti degli im­putati.
9.17. Viene chiamata la stampa scritta. «Quell’altra no?», è l’im­mediata reazione a più voci. Tut­to però avviene in maniera paca­ta. Qualche protesta, da parte di chi viene tenuto fuori, c’è, ma nessuno alza la voce. C’è nell’aria una sorta di sacralità che non va infranta.
9.21. Fotografi e cameramen pos­sono entrare a riprendere la Cor­te. Gli imputati non ci sono an­cora.
9.28. Dietro chi è stato lasciato entrare (famigliari e giornalisti, sostanzialmente) il portone si ri­chiude. Sono meno di una cin­quantina di persone: almeno al­trettante sono rimaste fuori. Di nuovo qualche protesta: «Qual­cuno della Fondazione deve poter entrare!». Ma per finire nessuno degli amici di Damiano che fan­no parte della Fondazione costi­tuita in sua memoria potrà pre­senziare all’inizio del processo. Fra le persone chiuse fuori, an­che alcuni giornalisti.
9.30. All’ora fissata per l’inizio del dibattimento si richiude anche l’altro portone: ma gli imputati non ci sono ancora.
9.33. Cine-e foto reporter vengo­no fatti uscire dall’aula. Le tele­camere vengono fatte spegnere: non meno di sei agenti in divisa controllano che l’ordine sia stato eseguito e presidiano la zona.
9.34. Attentamente scortato en­tra il primo imputato: è Ivan Jur­kic. Due minuti dopo tocca a Marko Tomic; passa un altro mi­nuto ed ecco Ivica Grgic.
Sono le 9.37. Mentre il portone si ri­chiude, si sente suonare il cam­panello. Chi è rimasto fuori fatica a scia­mare. Diverse persone restano lì, chi impietrito, chi semplicemen­te incredulo («Ma non potevano pensarci prima che sarebbe arri­vata così tanta gente?»). Ma an­cora nessuno alza la voce: c’è una sorta di sacralità, appunto. Tornando in ufficio mi scopro a pensare (perché questo stupore?) che in nessun momento, da nes­suno dei presenti, ho sentito fra­si razziste, nè commenti impron­tati all’odio o alla vendetta. Nes­suno chiede vendetta. Tutti si aspettano che Damiano abbia giustizia.
PAGINA A CURA DI LUCA CONTI E MAURO EURO

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