23 gennaio 2009 - La Regione Ticino

Per l’omicidio 20 anni e mezzo in due
‘Dieci anni e mezzo a Marko Tomic, 10 a Ivica Grgic e 3 anni per aggressione a Ivan Jurkic’ Le richieste di pena della procuratrice Item al termine di una requisitoria durata quasi 4 ore

È terminata nelle lacrime di alcuni dei familiari presenti, la lunga requisitoria della procuratrice pubblica Rosa Item al processo per l’omici­dio di Damiano Tamagni. Fa­miliari su cui le richieste di pena formulate dall’accusa sono piombate come macigni: 10 anni e mezzo per Marko Tomic, 10 anni per Ivica Gr­gic – entrambi accusati di omicidio intenzionale – e 3 anni per Ivan Jurkic, accusa­to invece di aggressione. Con il suo certosino lavoro di ricostruzione dei fatti og­gettivamente ammessi in base alle testimonianze e agli ac­certamenti medico legali, la procuratrice ha dunque ipo­tizzato per Tomic e Grgic una pena base di 12 anni. Ma nella commisurazione ha conside­rato per Tomic da una parte « il pessimo comportamento » tenuto durante l’indagine, la propensione a raccontare bu­gie
Colpa gravissima, che ha causato un dolore incolmabile
e l’assenza di consapevo­lezza riguardo alla colpa com­messa; e, dall’altra, l’incensu­ratezza e la giovane età. Leg­germente diverso il discorso per Grgic, che « non si è nasco­sto con i “ non ricordo” » , ma « era perfettamente lucido al momento dei fatti » e ha prece­denti penali, anche se di poco conto. Per entrambi Rosa Item ha parlato di « colpa gravissi­ma, che ha causato un dolore enorme, incalcolabile, che non potrà mai esser sanato » . Item ha anche rilevato, nei due im­putati, « nessun rispetto per la vita umana » . Trattando, dopo oltre 3 ore e mezzo di requisitoria, l’argo­mento della qualifica giuridica del reato, la procuratrice ha notato che « nell’omicidio inten­corpo zionale l’autore deve attuare un comportamento che provoca la morte di una persona ». E ha ri­cordato la necessità di indivi­duare un rapporto di causalità fra il comportamento e la mor­te, in cui il primo rappresenti la condizione “ sine qua non” della seconda. Poi, in merito al dolo eventuale (« lo si ha quan­do l’autore deve prevedere il ri­sultato della morte, ma si assu­me il rischio di procedere co­munque con il suo atto »), Item ha sottolineato che « in questo caso abbiamo un dolo eventuale grande come una casa, che ra­senta il dolo diretto ». In precedenza la procuratri­ce aveva ripercorso con mania­cale precisione i singoli avveni­menti di quella maledetta sera del 1° febbraio 2008 a Locarno. Per arrivare a stabilire che « la morte per emorragia cerebrale di Damiano Tamagni è dovuta alla lacerazione certamente traumatica dell’arteria, causa­ta da un movimento di estensio­ne- rotazione del capo, collegabi­le alle due lesioni riscontrate al capo e al collo ». Lesioni che se­condo l’accusa, sulla base delle indicazioni peritali, sono state provocate da quei calci alla te­sta che di certo sia Tomic, sia Grgic hanno sferrato alla loro vittima. Per Tomic « è accertato che ha colpito con un pugno al viso, due pedate alle gambe, un calcio al busto e uno alla testa quando Damiano era a terra » . Quanto a Grgic, secondo l’ac­cusa, considerate moltissime testimonianze convergenti, « ha tirato un potente calcio mi­rato alla testa e altri calci al quando Damiano era a terra » , oltre ad un pugno ( ma non è chiarissimo dove) quan­do la vittima era ancora in piedi. Item ha fatto a pezzi anche le versioni sostenute dai ra­gazzi per giustificare in qual­che modo quanto commesso, o almeno per edulcorare le ri­spettive colpe. In particolare ha sottolineato che tutti, a par­tire da Jurkic, si sono avventa­ti sulla vittima per il semplice « gusto di menar le mani » ; un gusto che sarebbe per altro confermato dall’intenzione, palesata da Grgic in apertura di serata di fronte agli amici, di « ammazzare » chi lo avesse toccato o disturbato ( salvo poi constatare che nessuna di que­ste due cose va ascritta alla vittima). « Se la violenza è sta­ta messa in atto un’ora e mezza dopo questa promessa, non è certamente frutto del caso » , ha esclamato Item.
Il dolo eventuale è grande come una casa e rasenta il dolo diretto
Prima della requisitoria del­la procuratrice il giudice Mauro Ermani aveva chiesto ai tre imputati cosa si aspet­tassero da questo processo. Grgic: « Mi aspetto giustizia, e devo pagare per aver preso parte a una rissa in cui è morto un ragazzo » . Tomic: « Devo pa­gare per ciò che ho fatto. Mi aspetto giustizia per i familiari di Damiano, e giustizia da par­te dei giudici » . Jurkic: « Mi aspetto che venga fuori la ve­rità e che sia fatta giustizia » . Questa mattina si riprende con la requisitoria dell’avvo­cato di parte civile Diego Ol­giati, seguito dalle arrin­ghe dei difensori, partendo comunque dall’avvocato Lu­ca Marcellini ( che tutela Jurkic).

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In molti temono che un fatto del genere possa succedere di nuovo

Le opinioni di 1500 persone raccolte con un sondaggio da un media elettronico Un processo sentito e seguito. Ieri la sala destinata al pubblico nel palazzo del­l’Amministrazione cantonale in Via della Posta 9 (videocollegata all’aula del Preto­rio) era gremita. Nel pomeriggio una set­tantina di persone ha ascoltato in religio­so silenzio la requisitoria della procuratri­ce pubblica Rosa Item (vedi articolo prin­cipale). Anche i media (tra cui quelli ‘elettroni­ci’) dedicano ampio spazio al procedimen­to. Sul sito Ticinonline è stato pure lancia­to un sondaggio con alcune domande a cui – finora – hanno risposto quasi 1500 letto­ri. Più dell’80 per cento sta seguendo (at­traverso i media) il processo. Solo il 18 per cento ( 270 persone) preferirebbe essere nell’aula del Pretorio per vedere e ascolta­re in prima persona come si svolge il pro­cedimento a carico dei tre imputati. Significative anche le risposte alle ulti­me due domande: l’87 per cento (in totale 1277 persone su le 1469 che hanno preso parte al sondaggio) teme che un fatto come quello avvenuto il primo febbraio di un anno fa possa ripetersi; più del 76 per cen­to, infine, reputa che la sentenza ( che verrà pronunciata all’inizio di settimana prossima dalla Corte delle Assise crimina­li di Locarno) sarà comunque troppo lieve. Solo il 20 per cento ritiene che sarà giusta e il 2,59 per cento pensa che sarà probabil­mente troppo dura.

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I tre se ne andarono senza soccorrere Damiano in fin di vita
Ricordati dal giudice gli istanti successivi al pestaggio, la corsa in ospedale e il decesso

Sul bordo di quella strada, la sera del 1 febbraio 2008, Damiano è stato immediatamente soccorso dai passanti; fra di loro un infermiere al terzo anno di apprendistato, mascherato da clown, che si precipita sul giovane a terra per il massaggio cardiaco. Qualcun altro gli pratica la re­spirazione. Gli agenti della società privata incaricati del­la sicurezza chiamano immediatamente Ticino soccorso al 144. Sono momenti concitati. Pochi minuti di tentativi disperati per rianimare il ragazzo. Un amico del 22enne che giace a terra in fin di vita è in preda alla disperazio­ne e picchia calci e pugni contro un muro. Qualcuno illu­mina il volto di Damiano con una pila elettrica; ha gli oc­chi aperti e l’infermiere si accorge che le pupille non rea­giscono. Viene formato un cordone di sicurezza per evi­tare ai curiosi di intralciare i soccorritori. L’ambulanza della Salva si fa strada tra la ressa ed è sul posto in bre­vissimo tempo. Non si sono minimamente preoccupati della sorte del­la vittima i tre imputati. Questo è quanto emerso in aula ieri mattina, all’inizio del quarto giorno di processo a ca­rico di Ivica Grgic, Marko Tomic e Ivan Jurkic. I primi due accusati di omicidio intenzionale, il terzo di aggres­sione. Il giudice Mauro Ermani, prima di leggere i verbali che raccolgono le testimonianze dei soccorritori, ha cer­cato di capire cosa hanno fatto i tre imputati dopo i calci sferrati al ragazzo che quella sera hanno preso di mira. Diverse e – manco a dirlo – in contrasto fra di loro, le versioni fornite dal terzetto. Tomic ha garantito che sono andati al capannone principale della Stranociada; poi lui e Grgic si sono recati al Carnevale di Bellinzona, perché lo stesso Tomic doveva incontrare un amico. Un ‘ puntello’ che però questo amico non ha confermato... « Sarebbe stato giusto restare sul posto – ha commentato Grgic –. In verità siamo tornati per vedere come stava Da­miano; era a terra e c’era già chi lo soccorreva ». Ermani è intervenuto: « Uno che è veramente preoccupato si annun­cia alla Polizia o si reca in ospedale, ma di sicuro non va in giro a continuare il Carnevale ». La Polizia che pattu­gliava il Rabadan li vede, li controlla, ma non li ferma. Per i due è un segnale di via libera: i festeggiamenti con­tinuano. Ancora un paio di birre e uno spinello. Jurkic conferma la versione di Grgic: « Io mi sono fer­mato una decina di metri prima del luogo esatto dov’era Damiano. Grgic è andato più avanti. Quando mi ha nuo­vamente raggiunto non mi ha detto nulla ». Dai verbali è però difficile capire quando i due sono tornati sul luogo dell’agonia del 22enne locarnese. In un caso hanno affer­mato che erano trascorsi 5-10 minuti dai fatti; in un’altra deposizione hanno assicurato che era passata mezz’ora o anche di più. « Ma a quel momento Damiano era già al Pronto soccorso », gli aveva obiettato la procuratrice pub­blica Rosa Item. In più Tomic ha smentito questa versio­ne. E allora è giunta – nell’ennesimo verbale – la terza di­chiarazione: saranno passati pochi minuti, due o forse quattro... Pure in aula il giudice non è riuscito a venire a capo della questione; resta il fatto che nessuno dei tre si è fermato a prestare aiuto. Dal racconto dei soccorritori – sempre tratto dai diver­si verbali – sono emersi altri dettagli degli ultimi istanti di vita di Damiano. La sua posizione (supino, con la testa reclinata a sinistra e le braccia lungo il corpo), la diffi­coltà nel trovare la vena per la somministrazione dei pri­mi farmaci, il cuore che riprende a battere, la maschera con l’ossigeno, la corsa all’ospedale, gli esami e la Tac. Infine, poco dopo l’una di mattina del 2 febbraio, il terri­bile ‘verdetto’: morte cerebrale. E l’ultimo viaggio al Ci­vico di Lugano per l’espianto degli organi.

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