‘Fu aggressione, non omicidio’
Francesca Perucchi, difensore di Ivica Grgic, chiede una condanna che non superi i tre anni Sulla stessa linea anche Yasar Ravi, avvocato di Tomic, che propone alla Corte tre varianti di pena
È stata un’aggressione, non un omicidio intenzionale. Non ha dubbi l’avvocato Francesca Perucchi, che difende Ivica Grgic, uno dei tre giovani che in questi giorni è alla sbarra di fronte alla Assise criminali di Locarno per la morte di Damiano Tamagni. Ieri Perucchi ha parlato per più di due ore; poco prima di mezzogiorno si è rivolta alla Corte – presieduta dal giudice Mauro Ermani – chiedendo per il suo assistito una pena che non superi i tre anni di carcere (comprendendo le precedenti condanne che ancora pendono su Grgic, ma sospese dalla condizionale). « Se pure la Corte vuole condannare Grgic per aggressione in concorso con omicidio colposo, non si vada oltre i 4 anni. I dieci anni chiesti dalla procuratrice pubblica Rosa Item sono davvero troppi ». Per quanto riguarda i reati ipotizzati dall’accusa, l’avvocato del 23enne ha domandato pene comunque più lievi di quelle proposte da Item: 6 anni se verrà considerato omicidio intenzionale; 4 anni e mezzo se la Corte opterà per lesioni gravi in concorso con omicidio colposo. Un’ampia ‘tavolozza’ di possibilità che la dice lunga sulle difficoltà di definire le responsabilità penali di Grgic. Perucchi ha pure elencato una serie di attenuanti che la Corte dovrà valutare; l’imputato quella sera non era armato, non c’è stata premeditazione, ha ammesso le sue colpe, era ubriaco e aveva fumato due spinelli (ciò che porta a una scemata responsabilità). A suo carico non ci sono precedenti con episodi simili (le condanne che ha subìto sono per furto e eccesso di velocità); poi ci sono la giovane età, il periodo di carcerazione già scontato, la difficile situazione familiare e il fatto che non è cittadino svizzero (verosimilmente gli verrà revocato il permesso di soggiorno). Perucchi, dal banco della difesa, ha proposto di ‘derubricare’ l’accusa da omicidio intenzionale ad aggressione, per diverse ragioni. A suo dire, non esiste la certezza che la lesione che ha provocato la morte di Damiano sia dovuta ai calci che ha ricevuto da Grgic e da Marko Tomic. Nessuno dei periti ha potuto definire l’esatta dinamica dei fatti. La rottura dell’arteria cerebrale sinistra, per un movimento anomalo (e ‘abnorme’) della testa, può essere avvenuta prima che la vittima cadesse al suolo. Potrebbe essere stato un pugno (magari quello sferrato dallo stesso Grgic) o uno spintone la causa scatenante. C’è pure chi ha affermato che Damiano, prima di accasciarsi al suolo, già barcollava e si muo- Togliere quell’alone di violenza e cattiveria che incombe su Grgic in modo strano. « Si potrebbe pensare che l’emorragia cerebrale, a quel momento, fosse già in atto ». L’accusa, per ricostruire la dinamica, si è basata sulle testimonianze. Ma Perucchi – come aveva fatto prima di lei l’avvocato Luca Marcellini, difensore di Ivan Jurkic – ha invitato alla prudenza nell’interpretazione delle dichiarazioni dei testi. Quella sera, in Via Borghese, era in corso un battibecco; c’era tensione fra due gruppi. Regnava la confusione e si sentiva odore di rissa. A un certo punto Damiano è a terra e parecchi non capiscono cosa sia successo. Jurkic aveva spintonato Damiano; Tomic e Grgic hanno interpretato male quel gesto e sono intervenuti. Ma in tutto ciò non c’è traccia di premeditazione. « La pedata che Grgic ha dato alla testa di Damiano, quando questo giaceva al suolo, non era forte – ha aggiunto l’avvocato –. Tanto che il perito non ha trovato tracce evidenti. Di più: sulle scarpe da ginnastica del mio assistito non c’erano tracce del Dna di Damiano. Nessuno può pensare che un calcio di quel genere può uccidere. La scatola cranica che protegge il cervello non è stata lesa ». Cadrebbe così anche l’intenzione di uccidere. E quella frase pronunciata da Grgic qualche ora prima dei fatti (« Se stasera qualcuno mi provoca l’ammazzo »)? « Grgic ammette di averla detta, ma senza un motivo particolare ». Secondo Perucchi, l’imputato prova vergogna per ciò che ha fatto; è pentito e consapevole di aver causato un immenso dolore alla famiglia della vittima. « Chiede di scontare la pena che merita, anche se la prigione non alleggerirà la sua coscienza. Dal carcere ha mandato alla sorella molti disegni e messaggi pieni di dolcezza. Non è un provocatore o un picchiatore incallito. Chi lo conosce, lo definisce un ragazzo tranquillo, sorridente e buono come il pane. Aiuta gli amici e con loro si diverte. Dobbiamo togliere quell’alone di violenza e cattiveria che incombe su di lui. È stato screditato da pettegolezzi e dicerie; da cattiverie che hanno spopolato sui ‘blog’. Resta la gravità dei fatti della sera del 1° febbraio 2008; ma il suo non è stato un gesto che mirava ad uccidere, neppure per dolo eventuale. Non ha la mentalità fredda di un omicida; tanto è vero che dopo i fatti racconta a molti del pugno che ha dato a Damiano sul volto. Poi torna a casa, dove viene arrestato. Non fugge all’estero e non si dà alla macchia ». Insomma, per l’avvocato di Grgic ci sono troppi dubbi su come siano andate realmente le cose; né le testimonianze di chi era presente né le perizie degli specialisti hanno potuto chiarire ogni aspetto. E i dubbi, dal punto di vista penale, vanno a vantaggio dell’imputato. Marko Tomic, e con lui il suo avvocato Yasar Ravi, hanno aperto per la Corte un ventaglio di possibilità di condanna. Considerando « eccessiva » la pena richiesta dalla procuratrice Rosa Item ( 10 anni e mezzo) ed « errata la qualifica del reato » indicata ( omicidio intenzionale), Ravi ha proposto in prima istanza una condanna per aggressione, lesioni semplici e omissione di soccorso, per una pena non superiore a 3 anni, eventualmente in parte sospesi. In via subordinata, « non potendo la Corte escludere che uno dei colpi inferti da Tomic abbia concausato la morte di Damiano » , Ravi ha proposto una condanna per aggressione, lesioni semplici, omicidio per negligenza e omissione di soccorso, commisurata in non più di 4 anni di detenzione. E quale ultima ratio, se proprio la Corte delle Assise criminali volesse emettere una condanna per omicidio per dolo eventuale, allora « che la pena non superi i 6 anni » . Quanto alle pretese di parte civile, la difesa di Tomic « non si oppone e lascia l’entità del risarcimento per torto morale alla valutazione della Corte » . È in ogni caso « lodevole » , per Ravi, « l’idea della famiglia di Damiano di devolvere il risarcimento alla Fondazione » . Queste richieste, espresse ieri pomeriggio dopo quasi tre ore di arringa, erano state precedute da considerazioni relative alla colpa ammessa da Tomic, alla presa di coscienza di quanto commesso, e alla loro influenza sulla qualifica giuridica del o dei reati. « Tomic – ha chiarito il suo legale – non contesta l’esistenza di un legame di causalità adeguato fra gli atti commessi e la morte. Perché si sente responsabile e profondamente in colpa per la morte di Damiano. Ma non ha mai voluto ucciderlo ». E in più: « Non si può sfuggire alle proprie responsabilità per un tecnicismo giuridico ». Alle questioni giuridiche era stata del resto dedicata una parte preponderante dell’arringa. In particolare vertendo sui due concetti di dolo eventuale e negligenza cosciente. Il primo è una forma ridotta di intenzionalità; c’è la coscienza che l’atto potrebbe Si faccia astrazione dalle voci che gridano vendetta provocare la morte, ma ciononostante si agisce, accettando l’eventualità della morte pur non desiderandola. La seconda è invece determinata dall’ammissione che il risultato possibile dei propri atti sia la morte, ma c’è la ferma convinzione che questa eventualità è fortemente improbabile. Ed è proprio queveva sto che, secondo il suo avvocato, è avvenuto in Tomic: una negligenza cosciente. Ravi ha anche ricordato che mai in Svizzera un omicidio per dolo eventuale è stato riconosciuto per una morte cagionata senza l’ausilio di armi. In apertura di intervento Ravi aveva sostanzialmente invitato la Corte a fare astrazione dalle « voci che gridano vendetta » , sottolineando che « le considerazioni giuridiche vanno tratte da fatti » . Poi, cercando di dimostrare la poca credibilità di diverse testimonianze considerate importanti dall’accusa, aveva cercato di restituire a Tomic un profilo meno truce rispetto a quello tracciato dall’accusa: « Non si tratta di un assassino senza scrupoli, ma di un ragazzo di 19 anni che non era partito con l’intenzione di picchiare qualcuno, ma ha commesso l’errore più grande della sua vita, e se lo porterà dietro per sempre » . Nel corso di tutta l’arringa Ravi ha ribadito più volte la necessità di tener conto della presunzione di innocenza, « evitando processi sommari per imputati già condannati dall’opinione pubblica una settimana dopo i fatti ».
***
Sotto la lente le tre perizie mediche
‘Non v’è certezza sulle cause del trauma’ Con particolare attenzione l’avvocato Ravi è tornato a spulciare le tre perizie finite agli atti: quella giudiziaria di Antonio Osculati, quella commissionata dalla parte civile al dottor Ennio Pedrinis, e la terza, quella ordinata proprio dalla difesa di Tomic al professor Angelo Fiori. Ravi ha insistito sui punti di contatto fra le diverse valutazioni, e in particolare sul fatto che quello della morte di Damiano sia stato « un caso raro e particolare » . « Tutti concordano – ha proseguito – che è estremamente difficile stabilire l’origine del trauma che ha causato la lacerazione arteriosa determinante ai fini del decesso di Damiano. Lo stesso Osculati non esclude che possa essere stato sufficiente un calcio, un pugno, o addirittura soltanto uno spintonamento, specialmente se dato di sorpresa ». E poi: « Lo stesso Pedrinis sostiene che non c’è certezza che l’evento determinante sia avvenuto con Damiano a terra. Certo è ragionevole, ma non è certo, ed è la certezza che deve venire richiesta dalla Corte ai fini di un certo tipo di condanna ».
***
Fiaccolata a un anno dalla tragica morte di Damiano
La proposta della omonima Fondazione che combatte la violenza giovanile Il processo con i tre aggressori di Damiano Tamagni volge al termine. La sentenza è annunciata per questa sera. E domenica primo febbraio ricorre l’anniversario della tragica morte del 22 enne. « Per questa commemorazione proponiamo una fiaccolata – si legge in una nota stampa inviata ieri ai media dalla Fondazione che porta il nome del giovane deceduto un anno fa al Carnevale di Locarno –. Lo scopo: ricordare Damiano e invitare tutti a riflettere, camminando insieme, quanto importante sia lottare contro la violenza giovanile ». La fiaccolata avrà inizio alle 19 alla stazione Ffs di Locarno, con partenza dal parcheggio Park& Ride per poi snodarsi verso Largo Zorzi, Piazza Grande, Via Marcacci, Via Borghese e arrivo sulla Piazza Sant’Antonio, nel nucleo storico della città. « Alle 20 – aggiunge la Fondazione – è prevista nella collegiata di Sant’Antonio la celebrazione di una messa presieduta dal vescovo monsignor Pier Giacomo Grampa. Prima e dopo la celebrazione verranno proposti alcuni brani musicali, interpretati dal quartetto Roxanne ( violini) e da Anais, e alcune letture di pensieri che riconducono al tema della non violenza. Tutta la popolazione è cordialmente invitata a unirsi alla fiaccolata » . Un’iniziativa lanciata da una Fondazione che si sta distinguendo per coraggio e intelligenza nel portare avanti un tema di grande importanza.
***
Per la petizione un sito italiano
Molti siti ticinesi hanno deciso di non ospitare ‘blog’ con commenti sul processo, dopo le esperienze negative dei giorni successivi all’omicidio, con ingiurie che piovevano a raffica contro i responsabili del pestaggio. Ma c’è chi aggira l’ostacolo. A processo non ancora terminato su un sito italiano è partita una raccolta di firme (sono già più di 600) per contestare la pena proposta dall’accusa, ritenuta blanda.
Nessun commento:
Posta un commento