PROCESSO TAMAGNI Per Grgic e Tomic «non più di tre anni per aggressione»- Oggi la sentenza
Le difese: non si può stabilire chi sferrò il colpo fatale
di LUCA PELLONI e MAURIZIO VALSESIA
Umanità, equità, giustizia e prudenza. Sono principi incisi sulla volta dell’aula del Pretorio di Locarno, dove da questa mattina sono riuniti in camera di consiglio i giudici togati e popolari, chiamati a decidere se Marko Tomic e Ivica Grgic devono essere condannati per omicidio intenzionale come chiede la procuratrice pubblica Rosa Item (che propone 10 anni più 6 mesi di carcere per il primo e 10 anni al secondo), o unicamente per aggressione come invece perorato dalle difese. La sentenza è attesa dopo le 18. Sul tavolo della Corte, oltre ai faldoni dell’inchiesta, gli atti di sei giorni di processo. Tomic e Grgic sono nella posizione più grave (per il terzo giovane, Ivan Jurkic, l’accusa chiede 3 anni per aggressione; mentre la difesa propone in prima istanza una pena non superiore al carcere preventivo). Non negano di aver assalito Damiano Tamagni. Ribadiscono quanto ammesso già dai primi verbali: Grgic con spirito più collaborativo, Tomic meno, secondo Rosa Item, da qui la differenza di 6 mesi nella proposta di pena. Differenza che non ha visto d’accordo il legale Yasar Ravi. Quella dell’avvocato Manuela Perucchi è stata un’arringa contenuta nei toni, priva d’impeto. La legale ha sottoposto alla Corte quelli che, a suo dire, «sono gli unici fatti noti e accertati», sfoltendoli, «dal giudizio che può essersi formato intorno a questa vicenda, complice il forte interesse suscitato e le discussioni alimentate dai media o dai blog su internet». Quel calcio è «stato un gesto vergognoso di cui si ricorderà tutta la vita». Ma «la gravità di questo evento non può essere attribuito alla volontà di uccidere ». Concetti molto simili li ha espressi l’avvocato Ravi, che ha poi rivelato l’esistenza di una lettera, scritta da Marko Tomic per i genitori di Damiano, ma mai consegnata loro perché poteva sembrare un magro tentativo di “captatio benevolentia”. «Recapiterò il suo scritto solo a processo concluso», ha spiegato Ravi. Questa sera si porrà dunque la parola “fine” su una tragica vicenda, che ha coinvolto il mondo giovanile. Damiano non sarà ma restituito a suoi cari, ma da stasera, dopo che il giudizio della corte sarà espresso, v’è da sperare che possa tornare un barlume di serenità su tutte le famiglie tragicamente coinvolte.
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La parola agli imputati
Al termine del dibattimento il giudice Mauro Ermani ha, come di consueto, dato la parola ai tre imputati. Hanno risposto solo due di loro: Ivica Grgic e Marko Tomic. Ivan Jurkic, palesemente disorientato dall’avvicinarsi della sentenza, non se l’è infatti sentita di aggiungere un qualsiasi pensiero. Un atteggiamento avuto durante tutta la giornata. Dopo ogni pausa Ivan è infatti rientrato in aula con lo sguardo basso, rivolto al suolo, denotando quantomeno di essere turbato. Ivica Grgic, invece, ha sostanzialmente ripetuto quanto già detto più volte in aule, durante il dibattimento: «Mi pento dal primo giorno per quanto è successo e mi pentirò per tutta la vita. Mi spiace davvero tanto per i familiari di Damiano e anche per i miei». Marko Tomic, che finora non era riuscito a esprimere a parole il suo pentimento, con voce tremante ha concluso: «Vorrei chiedere scusa alla famiglia Tamagni per quello che è accaduto. Mi spiace moltissimo. Mi porterò questo dolore per tutta la vita. Mi ha segnato per sempre».
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Perucchi: «Ivica non voleva uccidere, non è un mostro: merita al massimo 3 anni»
Appellandosi al concetto dell’“in dubio pro reo”, l’avvocato Francesca Perucchi ha chiesto una pena detentiva non superiore ai 3 anni per Ivica Grgic. E, in subordine, a non più di 4 anni se dovesse essere condannato per concorrenza ideale in omicidio colposo. Ivica non è un picchiatore Anzitutto, ha esordito, «va chiarito che Ivica non è un picchiatore. Non ha un carattere violento. L’unico fatto emerso in tutta la sua giovinezza è quello relativo al carnevale di Maggia del 2007, la cui protagonista a verbale afferma “mi ha solo spinta”. Non esistono altri episodi. Chi lo descrive come una “testa calda” fornisce valutazioni soggettive, nessun esempio concreto ». Sulla drammatica sera del 1° febbraio 2008, l’avv. Perucchi chiede alla corte «di leggere le testimonianze con prudenza». Nello specifico: «Non è vero che tutti i presenti stavano dimenticando la zuffa scaturita in precedenza tra i due gruppi (ndr. gli amici di Damiano da una parte e altri ragazzi dall’altra)». Perucchi cita alcune testimonianze: «“Era una rissa”; “Ho visto in via Borghese una decina di giovani che litigavano e Damiano era già a terra”; “Dei giovani si picchiavano tra loro”». L’avvocato non entra nel merito dei motivi che spingono il terzetto ad aggredire Damiano. Si concentra sul pestaggio. «Ivica non nega l’aggressione. Fin dal primo verbale ammette di aver sferrato un pugno e un calcio, non forte, a Damiano a terra». Piuttosto: «Numerosi testimoni descrivono Damiano in stato confusionale prima di cadere a terra». Queste deposizioni, a parere della difesa, indicherebbero uno stato anomalo rispetto quanto ci si aspetterebbe da «una persona attiva come Damiano, giovane, sana, un militare, seppure sottoposta a spintoni e ai primi pugni». Sempre dai verbali dei presenti interrogati: «“Era strano”; “Barcollava”. Oppure: “Guardava a terra”; “Gesticolava con le braccia”. Infine, “Cade a terra come un sacco di patate”». Insomma, «la rottura dell’arteria che provoca la morte di Damiano Tamagni, avrebbe potuto essere antecedente i calci al capo. Non possiamo escluderlo». In dubbio pro reo, appunto. Evento imprevedibile E le dichiarazioni di coloro che hanno visto sferrare i calci con forza? Meno attendibili di quelle citate a difesa, perché pronunciate da persone vicine alla vittima o influenzate – inconsciamente – dal clima fortemente colpevolista dell’opinione pubblica. Ma qual era il livello di consapevolezza di Ivica Grgic in quei momenti? Perucchi ricorda alla Corte che per accertare il dolo eventuale occorre che l’accusato «sia cosciente delle conseguenze dei suoi atti. Non è questo il caso. Gli stessi periti ci dicono essere un evento eccezionale, molto raro, la lacerazione dell’arteria vertebrale intracranica a causa di un movimento innaturale della testa. È altamente inverosimile che Ivica potesse prevederlo. Ammesso che sia stato il suo calcio a provocarla». In altri termini: «Esiste un ragionevole dubbio nell’accertamento di ulteriori responsabilità dirette, oltre a quelle già ammesse dagli imputati». La legale chiede anche la scemata responsabilità, date la decina di birre bevute e i due spinelli fumati dall’imputato. «È giovane, sta pagando e pagherà ancora. Anche per il clamore mediatico e perché difficilmente potrà restare in Svizzera, il Paese in cui è nato». Infine: «Nessuno nega che abbia commesso qualcosa di molto grave. È pentito. Non chiede ancora perdono solo perché non lo ritiene il momento. Sa che prima deve essere fatta giustizia».
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Ravi: «Marko non ha mai pronunciato la frase “chi picchiamo stasera?”»
Condanna per aggressione, lesioni semplici e omissione di soccorso, con una pena non superiore ai tre anni di detenzione. Parzialmente sospesi con condizionale secondo i criteri che la corte riterrà più opportuni. È la proposta avanzata dell’avvocato Yasar Ravi, al termine di un lungo quanto giuridicamente preciso esposto, per il suo assistito, Marko Tomic, accusato di omicidio intenzionale. «Marko è pentito, prova grande dolore per quanto ha commesso. Chiede giustizia. E non vuole svincolarsi dalla sue colpe per tecnicismi giuridici. Quindi, nel caso in cui la corte non potrà escludere con certezza che i colpi da lui stesso inferti abbiano concorso nella morte di Damiano, è pronto a rispondere anche del reato di omicidio per negligenza (ndr colposo)», ha aggiunto Ravi, sottolineando la presa di coscienza del giovane per l’enorme danno arrecato. «In questa eventua-lità, chiedo comunque una pena non superiore a quattro anni. E anche se la corte deciderà di imputargli il reato di omicidio per dolo eventuale, ritengo eccessiva la pena proposta dalla procuratrice pubblica Rosa Item. La condanna non dovrà comunque superare i sei anni di carcere». Presunzione d’innocenza Il principio dell’“in dubio pro reo” è uno dei punti cardine del diritto penale. La presunzione d’innocenza è stata il fulcro dell’arringa dell’avvocato Ravi che in due ore mezzo ha rimesso in discussione tutte le tesi dell’accusa, smontando, dal suo punto di vista, l’attendibilità di parecchie testimonianze lette in aula durante il dibattimento. E anche le discordanze, «parziali», delle tre perizie medico- legali lasciano un dubbio sulle reali colpe di Marko Tomic, a detta del suo avvocato difensore. Testimonianze inattendibili «Tutti i testimoni sono palesemente condizionati dalla forte emotività suscitata da questo caso». Yasar Ravi è convinto dell’inattendibilità di molte testimonianze rese a seguito della tragica notte del 1° febbraio 2008. E le mette in discussione sollevando degli errori palesi, riscontrati nei racconti del pestaggio. «Bisogna considerare una testimonianza nella sua interezza. Se presenta delle inesattezze, non è dunque da ritenersi valida». Il patrocinatore di Tomic esclude anche l’intenzionalità di commettere un omicidio, come pure un aggressione. «Chi picchiamo stasera?». È la frase ripetuta più volte dal giudice Ermani durante il processo e imputata a Marko Tomic. «Ma l’unico che la riporta è Ivica Grgic», ha sottolineato Ravi. «Tomic non l’ha mai pronunciata». I colpi fatali «Ivica Grgic ammette di aver inferto un calcio alla testa di Damiano», ha sottolineato Ravi. «Mentre Marko sostiene di non averlo fatto». Le tre perizie medico-legali concordano sulla causa del decesso del giovane gordolese: un’emorragia cerebrale dovuta alla lacerazione dell’arteria vertebrale intracrancia. «Il dottor Osculati, medico che ha eseguito l’autopsia, riconduce la lesione a due traumi riscontrati sul capo di Damiano. Ma non è in grado di determinare la loro causa», ha evidenziato la difesa. «Potrebbe dunque essere stato il pugno sferrato da Grgic, quando Damiano era ancora in piedi, a provocare la lacerazione. Pugno che, invece di colpire Damiano sulla mascella (dove non ci sono segni), è forse andato a segno sulla tempia. Il dottor Fiori (ndr perito della difesa) non esclude nemmeno che la lesione possa essere imputata agli spintoni di Jurkic». Per Ravi non si può dunque stabilire chi abbia inferto il colpo fatale: «Il dubio rimane».
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Il processo giorno per giorno
19 gennaio - 1° GIORNO
Aria tesa, colma di dolore. Il processo si mostra emotivamente provante già nei corridoi, un’ora prima dell’inizio del dibattimento. Dibattimento che, nella sua prima giornata, il giudice Mauro Ermani consacra interamente per mettere a nudo le personalità dei tre accusati: Ivica Grgic, Marko Tomic e Ivan Jurkic.
20 gennaio - 2° GIORNO
Groppo in gola. Lacrime agli occhi. La seconda giornata di processo è forse la più toccante. In aula si ripercorre la tragica notte del 1° febbraio 2008: Damiano Tamagni è stato aggredito, violentemente, senza motivo. È vittima “per caso”. All’origine dell’omicidio un’assurda concatenazione di circostanze.
21 gennaio - 3° GIORNO
Scatta l’ora delle perizie medico- legali, cruciali per determinare le singole colpe degli accusati. Tre referti sul tavolo. Damiano è morto per la lacerazione dell’arteria vertebrale. Tutti concordano, ma sulle cause i tre esperti differiscono. La perizia della difesa non convince il giudice.
22 gennaio - 4° GIORNO
La parola passa alla procuratrice pubblica Rosa Item, che chiede la conferma integrale dell’atto d’accusa. Così chiede 10 anni e mezzo di detenzione per Tomic e 10 anni per Grgic, ai quali si contesta il reato di omicidio intenzionale. Per Jurkic, accusato di aggressione, propone invece 3 anni di prigione.
23 gennaio - 5° GIORNO
« È morto un innocente. Siamo al limite dell’assassinio». Non usa mezzi termini l’avvocato della parte civile Diego Olgiati, che ha aperto il 5° giorno di processo. L’avv. Luca Marcellini, patrocinatore di Jurkic, sostiene che Ivan non debba essere accusato di aggressione, ma di rissa. C’è un abisso sui dettagli.
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26 gennaio - 6° GIORNO
Infine, è la volta dei difensori di Grgic e Tomic. Gli avvocati Perucchi e Ravi catalizzano tutta la giornata. Sulla stessa lunghezza d’onda le loro arringhe. Per entrambi non si può stabilire chi sferrò il colpo letale. In nome del principio dell’“in dubio pro reo”, chiedono tre anni di detenzione per aggressione.
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