27 gennaio 2009 - Giornale del Popolo

PROCESSO TAMAGNI Per Grgic e Tomic «non più di tre anni per aggressione»- Oggi la sentenza

Le difese: non si può stabilire chi sferrò il colpo fatale

di LUCA PELLONI e MAURIZIO VALSESIA

Umanità, equità, giustizia e prudenza. Sono principi incisi sulla volta dell’aula del Pretorio di Locarno, dove da questa mattina sono riuniti in camera di consiglio i giudici togati e popolari, chia­mati a decidere se Marko Tomic e Ivica Grgic de­vono essere condannati per omicidio intenziona­le come chiede la procuratrice pubblica Rosa Item (che propone 10 anni più 6 mesi di carcere per il primo e 10 anni al secondo), o unicamente per ag­gressione come invece perorato dalle difese. La sentenza è attesa dopo le 18. Sul tavolo della Cor­te, oltre ai faldoni dell’inchiesta, gli atti di sei gior­ni di processo. Tomic e Grgic sono nella posizio­ne più grave (per il terzo giovane, Ivan Jurkic, l’ac­cusa chiede 3 anni per aggressione; mentre la di­fesa propone in prima istanza una pena non su­periore al carcere preventivo). Non negano di aver assalito Damiano Tamagni. Ribadiscono quanto ammesso già dai primi verbali: Grgic con spirito più collaborativo, Tomic meno, secondo Rosa Item, da qui la differenza di 6 mesi nella propo­sta di pena. Differenza che non ha visto d’accor­do il legale Yasar Ravi. Quella dell’avvocato Ma­nuela Perucchi è stata un’arringa contenuta nei to­ni, priva d’impeto. La legale ha sottoposto alla Cor­te quelli che, a suo dire, «sono gli unici fatti noti e accertati», sfoltendoli, «dal giudizio che può es­sersi formato intorno a questa vicenda, compli­ce il forte interesse suscitato e le discussioni ali­mentate dai media o dai blog su internet». Quel calcio è «stato un gesto vergognoso di cui si ricor­derà tutta la vita». Ma «la gravità di questo even­to non può essere attribuito alla volontà di ucci­dere ». Concetti molto simili li ha espressi l’avvo­cato Ravi, che ha poi rivelato l’esistenza di una let­tera, scritta da Marko Tomic per i genitori di Da­miano, ma mai consegnata loro perché poteva sembrare un magro tentativo di “captatio bene­volentia”. «Recapiterò il suo scritto solo a proces­so concluso», ha spiegato Ravi. Questa sera si porrà dunque la parola “fine” su una tragica vicenda, che ha coinvolto il mondo giovanile. Damiano non sarà ma restituito a suoi cari, ma da stasera, do­po che il giudizio della corte sarà espresso, v’è da sperare che possa tornare un barlume di serenità su tutte le famiglie tragicamente coinvolte.

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La parola agli imputati
Al termine del dibattimento il giudice Mauro Ermani ha, come di consueto, da­to la parola ai tre imputati. Hanno rispo­sto solo due di loro: Ivica Grgic e Marko Tomic. Ivan Jurkic, palesemente disorien­tato dall’avvicinarsi della sentenza, non se l’è infatti sentita di aggiungere un qualsiasi pensiero. Un atteggiamento avuto durante tutta la giornata. Dopo ogni pausa Ivan è infatti rientrato in au­la con lo sguardo basso, rivolto al suolo, denotando quantomeno di essere turba­to. Ivica Grgic, invece, ha sostanzialmen­te ripetuto quanto già detto più volte in aule, durante il dibattimento: «Mi pento dal primo giorno per quanto è successo e mi pentirò per tutta la vita. Mi spiace davvero tanto per i familiari di Damiano e anche per i miei». Marko Tomic, che fi­nora non era riuscito a esprimere a pa­role il suo pentimento, con voce treman­te ha concluso: «Vorrei chiedere scusa al­la famiglia Tamagni per quello che è ac­caduto. Mi spiace moltissimo. Mi porterò questo dolore per tutta la vita. Mi ha se­gnato per sempre».
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Perucchi: «Ivica non voleva uccidere, non è un mostro: merita al massimo 3 anni»
Appellandosi al concetto dell’“in dubio pro reo”, l’avvocato Francesca Perucchi ha chiesto una pena deten­tiva non superiore ai 3 anni per Ivica Grgic. E, in subordine, a non più di 4 anni se dovesse essere condannato per concorrenza ideale in omicidio colposo. Ivica non è un picchiatore Anzitutto, ha esordito, «va chiarito che Ivica non è un picchiatore. Non ha un carattere violento. L’unico fatto emer­so in tutta la sua giovinezza è quello relativo al carnevale di Maggia del 2007, la cui protagonista a verbale af­ferma “mi ha solo spinta”. Non esisto­no altri episodi. Chi lo descrive come una “testa calda” fornisce valutazioni soggettive, nessun esempio concre­to ». Sulla drammatica sera del 1° febbraio 2008, l’avv. Perucchi chiede alla cor­te «di leggere le testimonianze con prudenza». Nello specifico: «Non è ve­ro che tutti i presenti stavano dimen­ticando la zuffa scaturita in preceden­za tra i due gruppi (ndr. gli amici di Damiano da una parte e altri ragazzi dall’altra)». Perucchi cita alcune testi­monianze: «“Era una rissa”; “Ho visto in via Borghese una decina di giova­ni che litigavano e Damiano era già a terra”; “Dei giovani si picchiavano tra loro”». L’avvocato non entra nel merito dei motivi che spingono il terzetto ad ag­gredire Damiano. Si concentra sul pe­staggio. «Ivica non nega l’aggressione. Fin dal primo verbale ammette di aver sferrato un pugno e un calcio, non for­te, a Damiano a terra». Piuttosto: «Nu­merosi testimoni descrivono Damia­no in stato confusionale prima di ca­dere a terra». Queste deposizioni, a parere della di­fesa, indicherebbero uno stato ano­malo rispetto quanto ci si aspettereb­be da «una persona attiva come Da­miano, giovane, sana, un militare, sep­pure sottoposta a spintoni e ai primi pugni». Sempre dai verbali dei presen­ti interrogati: «“Era strano”; “Barcolla­va”. Oppure: “Guardava a terra”; “Ge­sticolava con le braccia”. Infine, “Ca­de a terra come un sacco di patate”». Insomma, «la rottura dell’arteria che provoca la morte di Damiano Tama­gni, avrebbe potuto essere anteceden­te i calci al capo. Non possiamo escluderlo». In dubbio pro reo, appun­to. Evento imprevedibile E le dichiarazioni di coloro che han­no visto sferrare i calci con forza? Me­no attendibili di quelle citate a difesa, perché pronunciate da persone vici­ne alla vittima o influenzate – incon­sciamente – dal clima fortemente col­pevolista dell’opinione pubblica. Ma qual era il livello di consapevolez­za di Ivica Grgic in quei momenti? Pe­rucchi ricorda alla Corte che per ac­certare il dolo eventuale occorre che l’accusato «sia cosciente delle conse­guenze dei suoi atti. Non è questo il caso. Gli stessi periti ci dicono essere un evento eccezionale, molto raro, la lacerazione dell’arteria vertebrale in­tracranica a causa di un movimento innaturale della testa. È altamente in­verosimile che Ivica potesse preveder­lo. Ammesso che sia stato il suo cal­cio a provocarla». In altri termini: «Esi­ste un ragionevole dubbio nell’accer­tamento di ulteriori responsabilità di­rette, oltre a quelle già ammesse da­gli imputati». La legale chiede anche la scemata re­sponsabilità, date la decina di birre bevute e i due spinelli fumati dall’im­putato. «È giovane, sta pagando e pa­gherà ancora. Anche per il clamore mediatico e perché difficilmente po­trà restare in Svizzera, il Paese in cui è nato». Infine: «Nessuno nega che ab­bia commesso qualcosa di molto grave. È pentito. Non chiede ancora perdono solo perché non lo ritiene il momento. Sa che prima deve essere fatta giustizia».
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Ravi: «Marko non ha mai pronunciato la frase “chi picchiamo stasera?”»
Condanna per aggressione, lesio­ni semplici e omissione di soccorso, con una pena non superiore ai tre anni di detenzione. Parzialmente sospesi con condizionale secondo i criteri che la corte riterrà più oppor­tuni. È la proposta avanzata dell’av­vocato Yasar Ravi, al termine di un lungo quanto giuridicamente preci­so esposto, per il suo assistito, Marko Tomic, accusato di omicidio inten­zionale. «Marko è pentito, prova grande dolore per quanto ha com­messo. Chiede giustizia. E non vuo­le svincolarsi dalla sue colpe per tec­nicismi giuridici. Quindi, nel caso in cui la corte non potrà escludere con certezza che i colpi da lui stesso in­ferti abbiano concorso nella morte di Damiano, è pronto a rispondere an­che del reato di omicidio per negli­genza (ndr colposo)», ha aggiunto Ravi, sottolineando la presa di co­scienza del giovane per l’enorme danno arrecato. «In questa eventua-l­ità, chiedo comunque una pena non superiore a quattro anni. E an­che se la corte deciderà di imputar­gli il reato di omicidio per dolo eventuale, ritengo eccessiva la pena proposta dalla procuratrice pubbli­ca Rosa Item. La condanna non do­vrà comunque superare i sei anni di carcere». Presunzione d’innocenza Il principio dell’“in dubio pro reo” è uno dei punti cardine del diritto pe­nale. La presunzione d’innocenza è stata il fulcro dell’arringa dell’avvoca­to Ravi che in due ore mezzo ha ri­messo in discussione tutte le tesi del­l’accusa, smontando, dal suo punto di vista, l’attendibilità di parecchie te­stimonianze lette in aula durante il dibattimento. E anche le discordan­ze, «parziali», delle tre perizie medi­co- legali lasciano un dubbio sulle rea­li colpe di Marko Tomic, a detta del suo avvocato difensore. Testimonianze inattendibili «Tutti i testimoni sono palesemente condizionati dalla forte emotività su­scitata da questo caso». Yasar Ravi è convinto dell’inattendibilità di molte testimonianze rese a seguito della tra­gica notte del 1° febbraio 2008. E le mette in discussione sollevando degli errori palesi, riscontrati nei racconti del pestaggio. «Bisogna considerare una testimonianza nella sua interez­za. Se presenta delle inesattezze, non è dunque da ritenersi valida». Il patro­cinatore di Tomic esclude anche l’in­tenzionalità di commettere un omici­dio, come pure un aggressione. «Chi picchiamo stasera?». È la frase ripetu­ta più volte dal giudice Ermani duran­te il processo e imputata a Marko To­mic. «Ma l’unico che la riporta è Ivi­ca Grgic», ha sottolineato Ravi. «Tomic non l’ha mai pronunciata». I colpi fatali «Ivica Grgic ammette di aver inferto un calcio alla testa di Damiano», ha sottolineato Ravi. «Mentre Marko sostiene di non averlo fatto». Le tre perizie medico-legali concordano sulla causa del decesso del giovane gordolese: un’emorragia cerebrale dovuta alla lacerazione dell’arteria vertebrale intracrancia. «Il dottor Osculati, medico che ha eseguito l’autopsia, riconduce la lesione a due traumi riscontrati sul capo di Da­miano. Ma non è in grado di deter­minare la loro causa», ha evidenzia­to la difesa. «Potrebbe dunque esse­re stato il pugno sferrato da Grgic, quando Damiano era ancora in pie­di, a provocare la lacerazione. Pugno che, invece di colpire Damiano sulla mascella (dove non ci sono segni), è forse andato a segno sulla tempia. Il dottor Fiori (ndr perito della difesa) non esclude nemmeno che la lesio­ne possa essere imputata agli spinto­ni di Jurkic». Per Ravi non si può dun­que stabilire chi abbia inferto il col­po fatale: «Il dubio rimane».
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Il processo giorno per giorno

19 gennaio - 1° GIORNO
Aria tesa, colma di dolore. Il processo si mostra emotivamente provante già nei corridoi, un’ora prima dell’inizio del dibattimento. Dibattimento che, nella sua prima giornata, il giudice Mauro Ermani consacra interamente per mettere a nudo le personalità dei tre accusati: Ivica Grgic, Marko Tomic e Ivan Jurkic.

20 gennaio - 2° GIORNO
Groppo in gola. Lacrime agli occhi. La seconda giornata di processo è forse la più toccante. In aula si ripercorre la tragica notte del 1° febbraio 2008: Damiano Tamagni è stato aggredito, violentemente, senza motivo. È vittima “per caso”. All’origine dell’omicidio un’assurda concatenazione di circostanze.

21 gennaio - 3° GIORNO
Scatta l’ora delle perizie medico- legali, cruciali per determinare le singole colpe degli accusati. Tre referti sul tavolo. Damiano è morto per la lacerazione dell’arteria vertebrale. Tutti concordano, ma sulle cause i tre esperti differiscono. La perizia della difesa non convince il giudice.

22 gennaio - 4° GIORNO
La parola passa alla procuratrice pubblica Rosa Item, che chiede la conferma integrale dell’atto d’accusa. Così chiede 10 anni e mezzo di detenzione per Tomic e 10 anni per Grgic, ai quali si contesta il reato di omicidio intenzionale. Per Jurkic, accusato di aggressione, propone invece 3 anni di prigione.

23 gennaio - 5° GIORNO
« È morto un innocente. Siamo al limite dell’assassinio». Non usa mezzi termini l’avvocato della parte civile Diego Olgiati, che ha aperto il 5° giorno di processo. L’avv. Luca Marcellini, patrocinatore di Jurkic, sostiene che Ivan non debba essere accusato di aggressione, ma di rissa. C’è un abisso sui dettagli.
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26 gennaio - 6° GIORNO
Infine, è la volta dei difensori di Grgic e Tomic. Gli avvocati Perucchi e Ravi catalizzano tutta la giornata. Sulla stessa lunghezza d’onda le loro arringhe. Per entrambi non si può stabilire chi sferrò il colpo letale. In nome del principio dell’“in dubio pro reo”, chiedono tre anni di detenzione per aggressione.

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