21 gennaio 2009 - Corriere del Ticino

Violenza inaudita e incomprensibile
Versioni contraddittorie e confuse sul perché dell’aggressione di Damiano
PAGINA A CURA DI LUCA CONTI E BARBARA GIANETTI LORENZETTI
TUTTO INIZIA CON UNA LITE
L’incredibile apoteosi di una nottata di ordinaria follia Avrebbe potuto finire come tante nottate di festa, quella del primo febbraio 2008. Con, al li­mite, i postumi di una sbornia o i segni di qualche scazzottata. An­zi. Se fra le 23.41 e le 23.46 Mar­ko Tomic, Ivan Jurkic e Ivica Grgic non fossero passati in via Borghe­se, nemmeno con quelli. Perché fino al loro arrivo ciò che si stava sviluppando fra i due gruppi di giovani (con i quali i tre imputa­ti del processo Tamagni – inizia­to lunedì davanti alle Assise cri­minali di Locarno – non avevano nulla a che fare) era un semplice diverbio, un animato scambio verbale che si stava ormai risol­vendo pacificamente. Ad innescare la «querelle» – men­tre Tomic, Jurkic e Grgic ancora si trovavano all’interno del capan­none di Carnevale in Piazza San­t’ Antonio – l’involontario urto fra un minorenne, pure coinvolto nell’inchiesta e in seguito arresta­to, e un amico della vittima, il 22.enne di Gordola Damiano Ta­magni. È il secondo a «riscaldar­si » maggiormente, perché in pre­da ai fumi dell’alcol. In un primo tempo il diverbio sembra placar­si subito, ma il minorenne torna alla carica istigato da un altro gio­vane e la discussione prosegue, in via Borghese, attirando via via sempre più «contendenti», da una parte e dall’altra. È in quei mo­menti che sulla scena appaiono lo stesso Tamagni e quello che po­trebbe essere definito una sorta di «eroe-antieroe» della serata. «Quello grande del gruppo – lo ha definito ieri in aula il presidente della Corte, Mauro Ermani –. Uno con la fama di attaccabrighe, cui si faceva capo quando c’era nell’aria la possibilità di fare a botte». Ed è dunque a lui che si rivolgono gli amici del minorenne. Ma il gio­vane – con, fra l’altro, diversi pre­cedenti alle spalle – arriva in via Borghese e cerca di buttare acqua sul fuoco, riuscendoci pure (an­che se poi, nei primi concitati mo­menti dopo il delitto, l’attenzione si concentrerà proprio su di lui, tanto che verrà accompagnato via in manette). Dopo aver fatto da paciere, il «leader» del secondo gruppo si ferma a scambiare an­cora qualche parola con Tamagni ed è in quel momento che verrà notato (perché conosciuto a cau­sa dei suoi precedenti violenti)da Tomic e Jurkic. Il primo lo indi­cherà al secondo e quest’ultimo, all’apparenza inspiegabilmente («per allontanare la vittima pri­ma che l’altro reagisse in modo incontrollato», ha sostenuto l’im­putato 21.enne; «solo per metter­si in mostra», ha rintuzzato il giu­dice), inizierà a spintonare Da­miano, dando avvio all’aggressio­ne mortale (vedi articolo sopra). Così, ieri, in aula, il presidente ha ricostruito i minuti immediata­mente precedenti il delitto e la li­te dalla quale tutto ha preso ini­zio. Alla Corte è stato mostrato un filmato ripreso all’interno del ca­pannone del Carnevale in Piaz­za Sant’ Antonio, grazie al quale è stato possibile stabilire che gli im­putati ne sono usciti alle 23.41 (mentre l’allarme ai soccorritori è partito verso le 23.46, minuto più minuto meno). Ermani (do­po alcune battute ironiche indi­rizzate in particolare a Tomic: «Ha dormito bene? Le è tornata la memoria?»)ha pure voluto leg­gere parola per parola la relazio­ne nella quale il medico legale, dottor Antonio Osculati, ha elen­cato tutte le lesioni, una quindici­na, riscontrate sul corpo di Da­miano Tamagni, fra le quali an­che l’emorragia cerebrale che ne ha causato la morte.

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IL PROGRAMMA
Ora di scena le perizie E da domani una sala riservata al pubblico
La fase istruttoria del proces­so Tamagni si concluderà stamat­tina. Poi si entrerà nel vivo della battaglia delle perizie medico-le­gali. I faldoni del procedimento ne contengono ben tre. La prima, firmata dal medico legale varesi­no Antonio Osculati, è servita al­la procuratrice pubblica Rosa Item per sostenere la tesi che la morte della vittima sia stata pro­vocata dalla lacerazione dell’ar­teria cervicale causata dai calci ricevuti. Una conclusione alla quale è giunto anche l’esperto in­caricato dall’avvocato di parte ci­vile, Diego Olgiati. Per il profes­sor Angelo Fioroni di Roma, in­vece, incaricato dall’avvocato Ya­sar Ravi, difensore di Marko To­mic, non sarebbe possibile pro­vare con certezza la relazione fra i colpi e la lacerazione. Da segnalare, infine, che, visti i pro­blemi di spazio in aula, da doma­ni sarà predisposta una sala, con impianto video, per il pubblico.
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RICOSTRUITI IN AULA I DRAMMATICI MOMENTI DI QUELLA NOTTE
«Un pestaggio così feroce e selvaggio non l’ho mai visto»
«Non potrò mai scordare il ru­more sordo di quel calcio sferra­to con forza alla testa di Damiano mentre giaceva a terra già iner­me, tutto rannicchiato nell’inten­to di proteggersi. È come se le persone che stavano infierendo su di lui avessero scambiato il suo capo per un pallone da calcio. Da quel momento quel poveretto a terra non si è più mosso e ho ca­pito che qualcosa di molto grave era successo». Una testimonian­za, questa, letta ieri in aula dal giudice Mauro Ermani che, as­sociata alle molte altre dello stes­so tenore raccolte nei verbali, do­cumenta di quale grado di vio­lenza inaudita sia stata l’aggres­sione di Damiano Tamagni da parte di Ivica Grgic e Marko To­mic in particolare, ma anche di Ivan Jurkic che ha avviato la ris­sa (vedi testo a lato). Una violenza durata una mancia­ta di minuti ma tanto intensa da far dire ad altri testi: «Ho assisti­to a varie risse, ma è stata la prima volta dove ho visto picchiare co­sì selvaggiamente una persona inerme, oramai stesa a terra in­difesa, sulla quale si infieriva an­cora con estrema violenza e ac­canimento ». Testimonianze davvero toccanti, quanto schiaccianti quelle lette ieri in aula dal presidente della Corte, soprattutto se raffrontate con le versioni fornite dagli im­putati. In particolare da Ivica Grgic, il quale fino all’esaspera­zione ha risposto alle domande incalzanti del giudice sulle mo­dalità dell’aggressione sostenen­do di aver «sferrato un pugno vio­lento al volto di Damiano (del quale, comunque, non si è rile­vata traccia a livello di ematomi), ma di aver invece dato solo una pedata leggera allo stesso al mo­mento in cui giaceva inerme a terra». «Avete colpito di brutto – ha a un certo punto tuonato il giudice Er­mani rivolgendosi al terzetto – e per di più una persona a terra in­difesa. Si tratta di un’azione che non trova la minima giustifica­zione in nessuna regola del vive­re civile!». Perché tanta aggressività? «Chi picchiamo stasera?», un leit­motiv (la frase era stata pronun­ciata fin dai primi momenti in cui il terzetto si era ritrovato per an­dare al Carnevale locarnese, vedi CdT di ieri)emerso ancora ieri in aula evocato dal giudice Ermani, che non si è certo risparmiato nel chiedere ai tre alla sbarra il per­ché di tanta violenza, tanta fero­cia verso una persona sconosciu­ta e che non si è resa responsabi­le della benché minima provoca­zione nei confronti dei propri ag­gressori. Niente da fare, risposte non ne sono giunte neppure dal­l’aula penale. Ognuno dei tre si è trincerato dietro ai «non so per­ché l’ho fatto, non ho avuto un motivo particolare, ho sbagliato». «Certo – ha rilevato il presidente della Corte – che se il concetto per festeggiare il Carnevale era quel­lo del «Chi picchiamo stasera?» ci è voluto ben poco perché l’oc­casione si presentasse e si pas­sasse alla pratica. È bastato un piccolo momento di tensione e via... largo al puro gusto di pic­chiare ». Persone pericolose « È inquietante, molto inquietan­te – ha proseguito il presidente della Corte – giungere un anno dopo questi tragici fatti, con un’accusa di omicidio intenzio­nale sul capo, e non sapere per­ché si è fatto quello che si è fatto, non essere in grado di dare la mi­nima spiegazione logica di atti co­sì incresciosi. Eppure quella che vi offro oggi in aula è un’ottima occasione, l’ultima, per poter rac­contare la verità. Se non si riesce a spiegare il perché di tali violen­ze gratuite e inaudite – ha con­cluso Ermani – ci si trovadi fron­te a persone pericolose, non in grado di rispondere del proprio agire e che probabilmente po­tranno anche ricadere in tali si­tuazioni ». Aveva gli occhi sbarrati «Prima di lasciare il luogo del pe­staggio ho guardato Damiano, era immobile e aveva gli occhi sbar­rati. Ho capito in quel momento che qualcosa di grave doveva es­serci », ad affermarlo ieri in aula è stato Ivan Jurkic (su cui grava l’accusa di aggressione), che de­ciderà poi di rientrare a casa e non proseguire la festa di Carne­vale a Bellinzona come invece hanno scelto di fare Ivica Grgic e Marko Tomic (per entrambi l’ac­cusa è di omicidio intenzionale). Jurkic sarà poi il primo ad essere arrestato dalla polizia verso le 4 del mattino a casa sua dove era rientrato. «Quando gli agenti so­no giunti non dormivo, non so­no riuscito a prendere sonno», ha commentato. In fuga a Bellinzona Grgic e Tomic, anche loro consci di aver commesso qualcosa di grave, se la filano invece da Lo­carno per raggiungere il Carne­vale di Bellinzona. Lo fanno in modo furtivo, cercando di evita­re di passare dal luogo dove è sta­to commesso il pestaggio dove oramai era giunta la polizia. A Bellinzona, nonostante quanto fatto in Città Vecchia, trovano modo di festeggiare ancora il Car­nevale fino alle prime luci dell’al­ba. È sul treno, mentre rientrano a Locarno, che la polizia li rag­giunge con una telefonata sui cel­lulari. Saranno poi arrestati al lo­ro arrivo in città. Momenti di tensione in aula C’è stato anche un piccolo mo­mento di tensione ieri pomerig­gio verso le 15.30 in aula quando una persona del pubblico ha ri­volto minacce ai famigliari di uno degli imputati. «La pagherete tut­ti cara!» la missiva, prontamente segnalata agli agenti presenti sul posto. L’uomo è stato ammonito e allontanato.
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IL PRESIDENTE DEL CARNEVALE DI LOCARNO
«Quella morte ci faccia riflettere!»
Da quasi un anno la sua vita non è più la stessa. Aveva appe­na assunto la presidenza del co­mitato della Stranociada, Pieran­gelo Bianchini, quando la morte di Damiano Tamagni gli è piom­bata tra capo e collo. Il dramma – lo si è detto e ridetto negli ulti­mi dodici mesi – non può certo essere imputato agli organizza­tori del Carnevale locarnese, «ma era inevitabile – chiarisce lo stes­so presidente al CdT – che ognu­no di noi uscisse sconvolto da una tragedia del genere». Pronto a gettare la spugna Doppiamente difficile, dunque, vivere con distacco il processo iniziato lunedì (vedi sopra). «So­prattutto – aggiunge Bianchini – perché proprio in questi giorni, mentre in aula si ripercorrono le tappe del dramma, noi siamo al lavoro per organizzare la prossi­ma edizione della Stranociada». Un Carnevale, in programma fra il 20 e il 21 febbraio, che, fosse sta­to per lo stesso presidente, forse non si sarebbe mai più fatto. «Di fronte a quanto accaduto – pro­segue il presidente – avevo perso ogni motivazione, mi sentivo im­potente e incredulo, tanto da es­ser spinto a meditare seriamente di archiviare definitivamente il Carnevale». Ma a spronare tutti affinché la fe­sta continuasse sono stati proprio gli stessi familiari e amici di Da­miano Tamagni, «pregandoci di andare avanti per non darla vin­ta alla violenza». Da qui la deci­sione di mettere in cantiere l’edi­zione 2009. «Con il pensiero – aggiunge Pie­rangelo Bianchini – sempre rivol­to a quanto accaduto quella not­te e alla tragica atmosfera che si respirava in Città Vecchia la mat­tina successiva. Mi capita spesso di fermarmi e di riflettere su quel­la tragedia, cercando di capirne contorni e motivazioni. Ma per quanto mi sforzi, mi è ancora dif­ficile spiegarmi un simile accani­mento. Non so. A volte mi chie­do se non sia perché nel nostro mondo è sempre più difficile ca­pire il confine fra finzione e real­tà. L’unica cosa che vorrei vera­mente è che la morte di Damia­no e il processo ci spingessero a riflettere seriamente. Soprattut­to i giovani». Ora entrate controllate Intanto Bianchini e il suo comi­tato sono, come detto, al lavoro per organizzare la prossima Stra­nociada. Le riunioni si succedo­no a scadenza quasi quotidiana, con ovviamente un occhio parti­colare alla sicurezza, «settore – aggiunge il presidente – che pe­raltro curavamo già nei dettagli in passato». In quest’ambito so­no annunciate diverse novità. Pri­ma fra tutte, l’introduzione di «entrate obbligate» in Città Vec­chia, attraverso le quali dovran­no passare tutti i partecipanti ai festeggiamenti, favorendo i con­trolli mirati. «In più – conclude il presidente – intensificheremo il monitoraggio sull’introduzione abusiva di alcolici nel perimetro del Carnevale e restringeremo le maglie della sorveglianza sui più giovani».

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