24 gennaio 2009 - La Regione Ticino

‘Siamo vicini all’assassinio’
L’avvocato di parte civile Diego Olgiati ha chiesto il ‘dolo diretto’ e demolito la perizia difensiva di parte

È stata un’aggressione concordata, organizzata e in sincronia È stata una requisitoria spietata, quella con­dotta ieri mattina dal legale di parte civile (la fa­miglia Tamagni) avvocato Die­go Olgiati. Spietata perché tendente ad illuminare con pic­coli, brillanti fasci di luce le colpe assodate e le verità nega­te dagli imputati, senza conce­dere sconti ma anzi caricando fin quasi all’eccesso i profili, definiti « lugubri » , di due dei tre ragazzi che gli stavano di fronte. Spietata, a tratti forse ecces­siva, ma sicuramente brillante ed efficace. Perché non volava una mosca, nella sala del Pre­torio, quando Olgiati scandiva concetti come « totale gratuità del tragico evento », « nessun mo­vente, nessun imput, nessun col­legamento emozionale fra imputati e Damiano ». « Abbiamo cercato disperatamente una scintilla che avesse fatto divampare l’incendio – ha detto ancora riferendosi sia al lavoro di indagine, sia ai quattro giorni di dibattimento fin qui trascor­si – ma non l’abbiamo trovata. Perché quella scin­tilla non c’era ». Totale gratuità dell’aggressione, dunque, « e nessuna relazione fra l’omicidio e la precedente discussione fra opposte fazioni lungo Via Borghese ». Discussione per altro già sedata all’arrivo dei tre accusati. « Rappresento una famiglia che ha perso un figlio che ha avuto l’enorme sfortuna di in­contrare gente che pratica la violenza per hobby, per diverti­mento – ha detto Olgiati –. Indi­vidui freddamente coscienti di aver ucciso senza un movente, ma che hanno fatto di tutto per nascondere questo segreto ». La parte civile – ha aggiunto subi­to dopo – « si aspettava corag­gio, chiarezza, parole di scusa. Ma abbiamo visto che l’atteg­giamento degli imputati non è cambiato: non entrano nel me­rito, si giustificano dicendo che hanno sbagliato e che si vergo­gnano ». Poi Olgiati si è concentrato sulle figure dei singoli imputati. « Ivica Grgic, secondo un teste, parlava sempre e solo delle risse a cui aveva par­tecipato. Passava le serate raccontando quei pe­staggi. E la cosa era considerata preoccupante dai suoi stessi amici » . Quanto alla maglietta della Nazionale croata indossata per il carnevale Freddamente coscienti di aver ucciso senza un movente dopo che quell’abbigliamento era stato motivo di scontro verbale poche sere prima a Roveredo, « è stata l’esca che si mette sull’amo », secondo Olgia­ti. Riguardo Marko, il secondo giovane accusato di omicidio intenzionale, « la presenza nel suo telefonino di filmati di violenza assurda è un fatto acclarante. Quale può es­sere il senso di avere e conserva­re immagini del genere? ». In di­ritto, ha notato l’avvocato, « conservarle è paragonato a fabbricarle ». E “fabbricare la violenza” è stato quanto fatto dai tre av­ventandosi senza motivo su Damiano: « Un’aggressione con­cordata e organizzata, in sin­cronia. Il più grosso ( Jurkic, ndr) ha fatto da rompighiaccio, e gli altri sono andati a rimor­chio. Inoltre, i tre aggressori parlavano fra loro, quindi non può esserci stato equivoco, o perdita di controllo ». Olgiati non si è fermato qui, definendo quella dei giovani alla sbarra « una mentalità criminale tutt’altro che indifferente, perché di fronte agli in­quirenti hanno sempre saputo perfettamente cosa dire e cosa no ». Poi il legale di parte civile si è spostato sul ter­reno della qualifica giuridica del reato. « Quest’o­micidio – ha rilevato – è ai limiti dell’assassinio, perché perpetrato con egoismo perfido e perverso, con crudeltà e sadismo » . Ri­guardo al dolo eventuale, « nel­la fattispecie è difficile distin­guerlo dal dolo diretto ». Olgiati ha invitato la Corte a valutare l’applicazione della seconda ipotesi. In conclusione, prima di for­mulare la richiesta di risarci­mento per torto morale di cui riferiamo a parte, e di definire Damiano come « un ragazzo d’altri tempi, che ognuno di noi vorrebbe avere come figlio », Ol­giati ha impugnato il piccone e demolito la perizia di parte realizzata dal professore roma­no Angelo Fiori e messa agli atti dall’avvocato di Tomic, Ya­sar Ravi. « La credibilità di questa perizia è pari a zero – ha esordito –. E il mandato è stato esegui­to in modo scorretto, perché non esiste un manda­to peritale che vada a creare dubbi. Deve trattarsi di un’opera intellettuale con capo e coda. Cosa che invece quel referto non è ».
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‘Per Jurkic l’anno di carcere già scontato è sufficiente’
Il difensore contesta l’aggressione e propone una condanna per rissa La proposta di pena: in ogni caso non più di 2 anni e con la condizionale
Ivan Jurkic, il 20enne che deve ri­spondere di aggressione di fronte alle Assise criminali di Locarno, potrebbe uscire di prigione dopo la lettura della sentenza. Se la Corte, presieduta dal giudice Mauro Ermani, dovesse acco­gliere le richieste dell’avvocato difen­sore Luca Marcellini, il giovane po­trebbe tornare il libertà da settimana prossima. Marcellini, nella sua arringa, ha af­frontato diversi temi. Primo fra tutti la difficoltà di valutare i fatti con sere­nità e oggettività, dopo l’ondata emoti­va che ha scosso il Ticino per il decesso di Damiano Tamagni, gli interventi in­giuriosi sui blog e l’impatto mediatico dell’inchiesta e del procedimento pe­nale. Difficile, in questi casi, identifi­carsi con gli autori; e quindi si corre il rischio di accrescere la colpa, proces­sando sommariamente i colpevoli. Il tutto per rendere i fatti più accettabili. L’avvocato ha ricordato che ha as­sunto la difesa di Jurkic pochi giorni dopo la morte di Damiano, perché al te­lefono il padre del ragazzo piangeva: nessuno, nel clima che si era creato, voleva accettare l’incarico. « Non pote­vo rifiutare solo perché c’erano le pres­sioni dell’opinione pubblica », ha com­mentato. Marcellini ha poi tenuto a sottoli­neare l’opinione di alcuni giornalisti, che hanno espresso dubbi sulla condu­zione aggressiva dell’istruttoria da parte del giudice Ermani. In seguito ha invece lodato il lavoro accurato del­la procuratrice pubblica Rosa Item che, a suo dire, « ha condotto un’inchie­sta completa e precisa ». Un’inchiesta – ha continuato – che esclude chiara­mente una qualsiasi responsabilità di Jurkic nella morte di Damiano. « Emer­ge che il mio assistito non è quel mostro che si vuol far credere, accomunandolo agli altri due ». Ivan è un giovane che ha terminato l’apprendistato, apprez­zato dagli amici e dal datore di lavoro; « è stato definito un bambinone tran­quillo, sincero, di buon cuore e simpati­co. Non aveva mai picchiato nessuno ». Nell’inchiesta ha inoltre dato il suo contributo, con la versione dei fatti che poi è stata confermata. Ha pure accet­tato di buon grado una carcerazione dura. Per Marcellini, Jurkic ha dato gli spintoni a Damiano; ma si è limitato a quello. Tanto che non ci sono testimo­nianze certe su un suo coinvolgimento nel pestaggio del 22enne, quando que­sto era a terra. L’avvocato ha ricordato che sono stati sentiti numerosi testi; molti hanno raccontato fatti che si sono rivelati fondati e, allo stesso tem­po, episodi che non hanno trovato ri­scontri. In seguito è stato compiuto un esercizio che Marcellini ha definito pe­ricoloso: scegliere unicamente alcune parti delle testimonianze per trovare le combinazioni giuste che confermas­sero le tesi accusatorie. « Non si può. Se ci sono dubbi occorre fermarsi ». Per il difensore, Jurkic non ha infierito sulla vittima, quando questa è caduta a terra. Si è fermato. Poi si è distanzia­to dagli altri due imputati, non andan­do con loro al Carnevale di Bellinzona. È tornato a casa, dove la Polizia lo ha trovato per arrestarlo. Non sussistono quindi elementi og­gettivi per definire il comportamento di Jurkic un’aggressione. Gli spintoni dati a Damiano in un ambiente affolla­to, quando già c’erano delle tensioni fra due gruppi di persone, potevano scatenare una rissa. Quindi dovrebbe essere questo il reato da contestare a Jurkic. L’aggressione – che è da considerare grave stando alla proposta di tre anni di prigionia formulata dalla procura­trice – presuppone un altro tipo di rea­to. Ad esempio una spedizione puniti­va, con armi e visi celati, contro una persona indifesa, in un luogo isolato e solitario. In realtà mancano parecchi di questi elementi. Va detto, inoltre, che non sono determinanti nella com­misurazione della pena, né la gravità delle lesioni, né la morte dell’aggredi­to. In conclusione, Marcellini ha riba­dito la differenza tra i tre imputati, sia prima dei fatti, sia durante l’attacco a Damiano, sia per quello che è successo dopo. La difesa ha chiesto che Jurkic ven­ga condannato per rissa con dolo even­tuale; in via subordinata per aggres­sione (pure con dolo eventuale, essen­dosi limitato agli spintoni). « La pena detentiva non dovrà superare il carcere preventivo sofferto ». Se sarà condanna­to per aggressione con dolo diretto (con partecipazione al pestaggio quan­do Damiano era a terra), « non si deve andare oltre i 18 mesi, con la condizio­nale. E se la corte deciderà per una con­danna sopra i due anni, che ci sia la so­spensione condizionale per i mesi di car­cere che restano ». Se così sarà, Jurkic potrà tornare a casa dopo la lettura della sentenza. Infine, per le pretese di parte civile (vedi articolo sopra) Mar­cellini ha ricordato che non c’è rappor­to di solidarietà tra gli imputati.
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Tutto alla Fondazione
175 mila franchi di torto morale, ma non ai familiari di Damiano
Quale risarcimento per torto morale l’avvocato Olgiati ha chiesto che vengano versati 75 mila franchi al papà di Damiano, 75 mila alla mamma e 25 mila alla sorella. Ma i soldi non reste­ranno alla famiglia: verranno devoluti alla Fondazione Damia­no Tamagni, che come noto si oc­cupa di prevenzione della violen­za giovanile. « Quantificando la cifra – ha spiegato Olgiati – ab­biamo voluto marcare la gravità estrema di quanto accaduto e il fatto che è stato distrutto un inten­so legame genitoriale e con la so­rella. L’agire degli imputati ha ir­rimediabilmente rovinato la vita dei familiari di Damiano, che per ancora 3-4 anni dovranno essere assistiti ». A titolo di paragone, il legale di parte civile ha citato un caso piuttosto simile avvenuto nel canton Vaud (tre teppisti ave­vano ucciso a botte e a sassate un giovane dopo che questi aveva cercato di farsi restituire un Cd portatile che loro gli avevano ru­bato in treno). In quel caso era stato riconosciuto un risarci­mento per torto morale di 60 mila franchi per ognuno dei ge­nitori. Olgiati ha aggiunto circa 18 mila franchi per danni mate­riali e circa 70 mila di spese lega­li. Spese che, va notato, non con­siderano quelle relative alla peri­zia di parte (civile) realizzata da Ennio Pedrinis. « Il dottor Pedri­nis – ha sottolineato Olgiati – ha lavorato gratis per questioni eti­che e morali, avendo in preceden­za lavorato per lo Stato, e volendo mantenere autonomia di pensiero e di giudizio nei confronti del mandante ». Chapeau!

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