‘Siamo vicini all’assassinio’
L’avvocato di parte civile Diego Olgiati ha chiesto il ‘dolo diretto’ e demolito la perizia difensiva di parte
È stata un’aggressione concordata, organizzata e in sincronia È stata una requisitoria spietata, quella condotta ieri mattina dal legale di parte civile (la famiglia Tamagni) avvocato Diego Olgiati. Spietata perché tendente ad illuminare con piccoli, brillanti fasci di luce le colpe assodate e le verità negate dagli imputati, senza concedere sconti ma anzi caricando fin quasi all’eccesso i profili, definiti « lugubri » , di due dei tre ragazzi che gli stavano di fronte. Spietata, a tratti forse eccessiva, ma sicuramente brillante ed efficace. Perché non volava una mosca, nella sala del Pretorio, quando Olgiati scandiva concetti come « totale gratuità del tragico evento », « nessun movente, nessun imput, nessun collegamento emozionale fra imputati e Damiano ». « Abbiamo cercato disperatamente una scintilla che avesse fatto divampare l’incendio – ha detto ancora riferendosi sia al lavoro di indagine, sia ai quattro giorni di dibattimento fin qui trascorsi – ma non l’abbiamo trovata. Perché quella scintilla non c’era ». Totale gratuità dell’aggressione, dunque, « e nessuna relazione fra l’omicidio e la precedente discussione fra opposte fazioni lungo Via Borghese ». Discussione per altro già sedata all’arrivo dei tre accusati. « Rappresento una famiglia che ha perso un figlio che ha avuto l’enorme sfortuna di incontrare gente che pratica la violenza per hobby, per divertimento – ha detto Olgiati –. Individui freddamente coscienti di aver ucciso senza un movente, ma che hanno fatto di tutto per nascondere questo segreto ». La parte civile – ha aggiunto subito dopo – « si aspettava coraggio, chiarezza, parole di scusa. Ma abbiamo visto che l’atteggiamento degli imputati non è cambiato: non entrano nel merito, si giustificano dicendo che hanno sbagliato e che si vergognano ». Poi Olgiati si è concentrato sulle figure dei singoli imputati. « Ivica Grgic, secondo un teste, parlava sempre e solo delle risse a cui aveva partecipato. Passava le serate raccontando quei pestaggi. E la cosa era considerata preoccupante dai suoi stessi amici » . Quanto alla maglietta della Nazionale croata indossata per il carnevale Freddamente coscienti di aver ucciso senza un movente dopo che quell’abbigliamento era stato motivo di scontro verbale poche sere prima a Roveredo, « è stata l’esca che si mette sull’amo », secondo Olgiati. Riguardo Marko, il secondo giovane accusato di omicidio intenzionale, « la presenza nel suo telefonino di filmati di violenza assurda è un fatto acclarante. Quale può essere il senso di avere e conservare immagini del genere? ». In diritto, ha notato l’avvocato, « conservarle è paragonato a fabbricarle ». E “fabbricare la violenza” è stato quanto fatto dai tre avventandosi senza motivo su Damiano: « Un’aggressione concordata e organizzata, in sincronia. Il più grosso ( Jurkic, ndr) ha fatto da rompighiaccio, e gli altri sono andati a rimorchio. Inoltre, i tre aggressori parlavano fra loro, quindi non può esserci stato equivoco, o perdita di controllo ». Olgiati non si è fermato qui, definendo quella dei giovani alla sbarra « una mentalità criminale tutt’altro che indifferente, perché di fronte agli inquirenti hanno sempre saputo perfettamente cosa dire e cosa no ». Poi il legale di parte civile si è spostato sul terreno della qualifica giuridica del reato. « Quest’omicidio – ha rilevato – è ai limiti dell’assassinio, perché perpetrato con egoismo perfido e perverso, con crudeltà e sadismo » . Riguardo al dolo eventuale, « nella fattispecie è difficile distinguerlo dal dolo diretto ». Olgiati ha invitato la Corte a valutare l’applicazione della seconda ipotesi. In conclusione, prima di formulare la richiesta di risarcimento per torto morale di cui riferiamo a parte, e di definire Damiano come « un ragazzo d’altri tempi, che ognuno di noi vorrebbe avere come figlio », Olgiati ha impugnato il piccone e demolito la perizia di parte realizzata dal professore romano Angelo Fiori e messa agli atti dall’avvocato di Tomic, Yasar Ravi. « La credibilità di questa perizia è pari a zero – ha esordito –. E il mandato è stato eseguito in modo scorretto, perché non esiste un mandato peritale che vada a creare dubbi. Deve trattarsi di un’opera intellettuale con capo e coda. Cosa che invece quel referto non è ».
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‘Per Jurkic l’anno di carcere già scontato è sufficiente’
Il difensore contesta l’aggressione e propone una condanna per rissa La proposta di pena: in ogni caso non più di 2 anni e con la condizionale
Ivan Jurkic, il 20enne che deve rispondere di aggressione di fronte alle Assise criminali di Locarno, potrebbe uscire di prigione dopo la lettura della sentenza. Se la Corte, presieduta dal giudice Mauro Ermani, dovesse accogliere le richieste dell’avvocato difensore Luca Marcellini, il giovane potrebbe tornare il libertà da settimana prossima. Marcellini, nella sua arringa, ha affrontato diversi temi. Primo fra tutti la difficoltà di valutare i fatti con serenità e oggettività, dopo l’ondata emotiva che ha scosso il Ticino per il decesso di Damiano Tamagni, gli interventi ingiuriosi sui blog e l’impatto mediatico dell’inchiesta e del procedimento penale. Difficile, in questi casi, identificarsi con gli autori; e quindi si corre il rischio di accrescere la colpa, processando sommariamente i colpevoli. Il tutto per rendere i fatti più accettabili. L’avvocato ha ricordato che ha assunto la difesa di Jurkic pochi giorni dopo la morte di Damiano, perché al telefono il padre del ragazzo piangeva: nessuno, nel clima che si era creato, voleva accettare l’incarico. « Non potevo rifiutare solo perché c’erano le pressioni dell’opinione pubblica », ha commentato. Marcellini ha poi tenuto a sottolineare l’opinione di alcuni giornalisti, che hanno espresso dubbi sulla conduzione aggressiva dell’istruttoria da parte del giudice Ermani. In seguito ha invece lodato il lavoro accurato della procuratrice pubblica Rosa Item che, a suo dire, « ha condotto un’inchiesta completa e precisa ». Un’inchiesta – ha continuato – che esclude chiaramente una qualsiasi responsabilità di Jurkic nella morte di Damiano. « Emerge che il mio assistito non è quel mostro che si vuol far credere, accomunandolo agli altri due ». Ivan è un giovane che ha terminato l’apprendistato, apprezzato dagli amici e dal datore di lavoro; « è stato definito un bambinone tranquillo, sincero, di buon cuore e simpatico. Non aveva mai picchiato nessuno ». Nell’inchiesta ha inoltre dato il suo contributo, con la versione dei fatti che poi è stata confermata. Ha pure accettato di buon grado una carcerazione dura. Per Marcellini, Jurkic ha dato gli spintoni a Damiano; ma si è limitato a quello. Tanto che non ci sono testimonianze certe su un suo coinvolgimento nel pestaggio del 22enne, quando questo era a terra. L’avvocato ha ricordato che sono stati sentiti numerosi testi; molti hanno raccontato fatti che si sono rivelati fondati e, allo stesso tempo, episodi che non hanno trovato riscontri. In seguito è stato compiuto un esercizio che Marcellini ha definito pericoloso: scegliere unicamente alcune parti delle testimonianze per trovare le combinazioni giuste che confermassero le tesi accusatorie. « Non si può. Se ci sono dubbi occorre fermarsi ». Per il difensore, Jurkic non ha infierito sulla vittima, quando questa è caduta a terra. Si è fermato. Poi si è distanziato dagli altri due imputati, non andando con loro al Carnevale di Bellinzona. È tornato a casa, dove la Polizia lo ha trovato per arrestarlo. Non sussistono quindi elementi oggettivi per definire il comportamento di Jurkic un’aggressione. Gli spintoni dati a Damiano in un ambiente affollato, quando già c’erano delle tensioni fra due gruppi di persone, potevano scatenare una rissa. Quindi dovrebbe essere questo il reato da contestare a Jurkic. L’aggressione – che è da considerare grave stando alla proposta di tre anni di prigionia formulata dalla procuratrice – presuppone un altro tipo di reato. Ad esempio una spedizione punitiva, con armi e visi celati, contro una persona indifesa, in un luogo isolato e solitario. In realtà mancano parecchi di questi elementi. Va detto, inoltre, che non sono determinanti nella commisurazione della pena, né la gravità delle lesioni, né la morte dell’aggredito. In conclusione, Marcellini ha ribadito la differenza tra i tre imputati, sia prima dei fatti, sia durante l’attacco a Damiano, sia per quello che è successo dopo. La difesa ha chiesto che Jurkic venga condannato per rissa con dolo eventuale; in via subordinata per aggressione (pure con dolo eventuale, essendosi limitato agli spintoni). « La pena detentiva non dovrà superare il carcere preventivo sofferto ». Se sarà condannato per aggressione con dolo diretto (con partecipazione al pestaggio quando Damiano era a terra), « non si deve andare oltre i 18 mesi, con la condizionale. E se la corte deciderà per una condanna sopra i due anni, che ci sia la sospensione condizionale per i mesi di carcere che restano ». Se così sarà, Jurkic potrà tornare a casa dopo la lettura della sentenza. Infine, per le pretese di parte civile (vedi articolo sopra) Marcellini ha ricordato che non c’è rapporto di solidarietà tra gli imputati.
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Tutto alla Fondazione
175 mila franchi di torto morale, ma non ai familiari di Damiano
Quale risarcimento per torto morale l’avvocato Olgiati ha chiesto che vengano versati 75 mila franchi al papà di Damiano, 75 mila alla mamma e 25 mila alla sorella. Ma i soldi non resteranno alla famiglia: verranno devoluti alla Fondazione Damiano Tamagni, che come noto si occupa di prevenzione della violenza giovanile. « Quantificando la cifra – ha spiegato Olgiati – abbiamo voluto marcare la gravità estrema di quanto accaduto e il fatto che è stato distrutto un intenso legame genitoriale e con la sorella. L’agire degli imputati ha irrimediabilmente rovinato la vita dei familiari di Damiano, che per ancora 3-4 anni dovranno essere assistiti ». A titolo di paragone, il legale di parte civile ha citato un caso piuttosto simile avvenuto nel canton Vaud (tre teppisti avevano ucciso a botte e a sassate un giovane dopo che questi aveva cercato di farsi restituire un Cd portatile che loro gli avevano rubato in treno). In quel caso era stato riconosciuto un risarcimento per torto morale di 60 mila franchi per ognuno dei genitori. Olgiati ha aggiunto circa 18 mila franchi per danni materiali e circa 70 mila di spese legali. Spese che, va notato, non considerano quelle relative alla perizia di parte (civile) realizzata da Ennio Pedrinis. « Il dottor Pedrinis – ha sottolineato Olgiati – ha lavorato gratis per questioni etiche e morali, avendo in precedenza lavorato per lo Stato, e volendo mantenere autonomia di pensiero e di giudizio nei confronti del mandante ». Chapeau!
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